Il matrimonio da 450 milioni di euro tra A2A e AEB è illegittimo. Il Tar della Lombardia ha infatti annullato la delibera con cui ad aprile 2020 il Comune di Seregno, principale azionista della multiutility brianzola AEB, aveva dato il via all’integrazione societaria senza passare da nessun bando pubblico per la cessione delle azioni. Invece, secondo i giudici amministrativi, avrebbe dovuto farlo, dal momento che l’operazione ha fatto entrare nel capitale di AEB (totalmente pubblica) una società, A2A, per metà proprietà dei Comuni di Milano e Brescia, ma per l’altra metà posseduta da soci e investitori privati. Il Tar ribadisce così la linea con cui lo scorso giugno aveva sospeso in via cautelare il processo di integrazione.

La decisione del Tar era stata ribaltata in agosto dal Consiglio di Stato che, tra le altre cose, aveva ritenuto la fusione “infungibile”, cioè non sostituibile da altre operazioni per la mancanza di società in grado di garantire la stessa competitività di A2A nel territorio dove AEB offre i suoi servizi (acqua, rifiuti, elettricità, gas). Ma la posizione del Consiglio di Stato non ha fatto fare retromarcia al Tar. Nella sentenza di merito, i giudici amministrativi sostengono infatti che la regola per operazioni di questo tipo è di garantire la concorrenza attraverso un bando pubblico che consente “la massima valorizzazione delle azioni cedute”. Definire un’operazione “infungibile” è invece l’eccezione alla regola e, come eccezione, “l’infungibilità deve essere valutata con particolare rigore e all’esito di una puntuale indagine di mercato, idonea a dimostrare che l’unica possibilità di sviluppo e di incremento di competitività per la AEB fosse l’integrazione industriale con la A2A, in ragione delle peculiari caratteristiche di questa, non replicabili sul mercato di riferimento”. Ma secondo il Tar tale rigorosa valutazione non è stata fatta e il Comune di Seregno si è limitato a motivare la sua delibera con “generici argomenti” e senza “un’adeguata istruttoria”.

Ma c’è di più. Una valutazione di questo tipo, secondo il Tar, non dovrebbe prendere in considerazione solo i vantaggi economici: “La massimizzazione dell’utile di impresa non è infatti il fine assoluto dell’impresa pubblica ma deve essere contemperato con il fine pubblico da questa perseguito, che è la gestione secondo i principi di economicità e di concorrenza dei servizi economici di rilevanza generale”. Occorre quindi “dimostrare che l’interesse pubblico non può che essere soddisfatto in via esclusiva dall’unico operatore presente sul mercato di riferimento”.

A vincere il ricorso contro una delle operazioni più importanti degli ultimi anni sullo scacchiere delle multiutility italiane sono state quattro piccole aziende del settore della distribuzione del gas, il consigliere regionale del M5s, Marco Fumagalli, e il consigliere comunale di Seregno, Tiziano Mariani, tutti difesi dagli avvocati Antonio Carullo, Giuditta Carullo e Ilaria Battistini. La sentenza del Tar arriva dopo che a dicembre la procura di Monza ha inviato la Guardia di Finanza negli uffici di AEB per acquisire documentazione relativa all’operazione, nell’ambito di un procedimento al momento contro ignoti. E dopo le polemiche su alcune consulenze preparatorie della fusione affidate da AEB senza pubblicazione di alcun bando. Ilfattoquotidiano.it ne aveva dato conto a luglio in un articolo che aveva causato la reazione della presidente di AEB, Loredana Bracchitta, con parole che erano sembrate al limite dell’intimidatorio nei confronti di uno dei ricorrenti, il consigliere comunale Mariani. Proprio in relazione al ricorso al Tar, Bracchitta aveva infatti dichiarato: “Accetteremo la decisione lasciando poi tutte le conseguenze sul piano industriale, politico e, ancora di più, umano, a chi ha messo in piedi questo pasticcio, forse per paura di sparire del tutto dalla scena. Allora sì (sic!) che ci sarà da piangere, in auto e a piedi, e sarà dura girare per Seregno nei panni dell’eroe di turno”.

Oggi Mariani si dice soddisfatto per la sentenza del Tar: “Ora mi aspetto che anche la Corte dei Conti e la magistratura penale facciano il loro corso”. Secondo il consigliere regionale Fumagalli, che ha sempre dato il suo sostegno al ricorso pur essendo stato giudicato non legittimato a presentarlo già in fase di valutazione cautelare, “a uscirne sconfitta è la politica, che si sposa con i poteri finanziari e si allontana dai territori, scambiando i dividendi per gli interessi dei cittadini. Un plauso a questa coraggiosa sentenza della magistratura, ultimo baluardo nella difesa delle istituzioni, garante della legittimazione dei consiglieri comunali e della libera concorrenza tra imprese”.

Resta da capire ora cosa succederà della fusione tra A2A e AEB, in attesa che i giudici del Consiglio di Stato si pronuncino anche loro nel merito. L’integrazione, infatti, è già stata realizzata nei mesi scorsi, senza attendere la decisione del Tar. “Il tribunale amministrativo ha annullato la delibera del comune di Seregno e quindi decadono automaticamente tutti gli atti successivi che hanno portato all’integrazione”, dice Ilaria Battisitini, legale dei ricorrenti. Di avviso contrario il sindaco di Seregno, Alberto Rossi: “Gli atti con cui l’integrazione societaria si è materializzata sono frutto di una successiva separata attività di natura privatistica, sono atti compiuti dalle società stesse e non annullati dal giudice”. Le due società coinvolte, contattate da ilfattoquotidiano.it, al momento non sono volute entrare nel merito: “Stiamo esaminando la sentenza”, si limitano a dire da A2A.

Twitter: @gigi_gno

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