Renzo Ulivieri festeggerà al campo sportivo il suo compleanno. Il presidente dell’Associazione Allenatori guida ormai da qualche stagione la squadra femminile del Pontedera, oltre ad essere direttore e docente della scuola calcio di Coverciano, dove tra gli studenti ora ha Alessandro Del Piero e Bobo Vieri. “Tanto lavoro, ma è tutto volontariato. Mi tiene in vita anche adesso che ho raggiunto i quattro quinti di secolo. Sono stato sempre fortunato nella vita, a me il tempo a disposizione in una giornata non è mai bastato. Io non so cosa sia la noia”. E così alle ore 20.30, nella sera del suo ottantesimo compleanno, Renzaccio sarà a dirigere l’ennesimo allenamento di una carriera iniziata nei Sessanta.

In che modo è arrivato al calcio femminile, mister?
Per caso. Nel 2014 sono diventato l’allenatore della squadra di San Miniato, in sostituzione di un collega che aveva avuto un problema di salute. Lo feci per dare una mano al mio paese natale. Ci siamo salvati, poi la maggior parte delle ragazze è andata al Pontedera e io con loro. Ora siamo in Serie B e le partite per noi sono tutte difficili.

Da docente della Scuola di Coverciano ha avuto Andrea Pirlo come allievo. Ha sempre fatto della gavetta una sua bandiera, mentre Pirlo è finito sulla panchina della Juventus già alla primissima occasione. Come mai hai difeso la scelta degli Agnelli?
Pirlo è diventato allenatore della Juventus nell’assoluto rispetto delle regole. È il mercato che non è sottoposto alle stesse regole. Mi meraviglio dunque che ci sia gente che ancora si meravigli. Dovrei meravigliarmi io che non sono mai stato per il libero mercato. In ogni caso credo che la Juve abbia fatto una scelta ragionata. Dalla scuola di Coverciano non si esce allenatori, noi valutiamo se gli allievi sanno di calcio. Andrea è sicuramente uno di questi, un ragazzo preparatissimo.

È iscritto a Potere al Popolo, si sente ancora comunista?
Se hai quelle idee, non puoi smettere. Io continuo ad essere comunista per interesse personale, perché penso che in una società di quel tipo vivrei meglio.

E se oggi fosse in Parlamento come si comporterebbe?
Non mi esprimo su Renzi, mi arriverebbe una querela se usassi gli aggettivi che ho in mente.

Parliamo un po’ di pallone. Ha avuto Roberto Mancini nella Sampdoria di Paolo Mantovani.
Un ragazzo con una personalità molto forte. Io volevo fargli fare la prima punta, lo vedevo un Boninsegna migliore ancora di Boninsegna, perché aveva più tecnica. Mancini aveva anche ottime capacità fisiche e uno stacco da fermo con cui sapeva rubare il tempo ai difensori. Lui invece voleva allontanarsi dalla porta perché gli piaceva di più. Nel gioco ha sempre cercato il divertimento. Secondo me da prima punta, ruolo che talvolta ha ricoperto nel finale di carriera, avrebbe raggiunto maggiori risultati in Nazionale.

In quel Doria c’era anche Alviero Chiorri.
Come talento forse il miglior giocatore che ho allenato. Ho avuto tanti attaccanti forti, ma lui era superiore nella genialità di certi colpi. Oltre a tecnica e classe incredibili, aveva ottime doti fisiche. Nella corsa arriva insieme a Luca Pellegrini, a Mancini, a quelli là. Avevo inoltre una grande simpatia per lui, gli piaceva molto vivere e spesso la cosa non va d’accordo con il calcio. Ma se arrivava al campo riposato, andava fortissimo.

Una lunga e intensa carriera. Ma nel 1986 scoppia lo scandalo del Totonero, lei è al Cagliari e viene squalificato per tre anni.
Sono stati tre anni terribili, sapendo dell’ingiustizia subita. Mi sono dato da fare per far venire fuori la verità. Al secondo anno ho portato prove nuove chiedendo la revisione del processo. Mi porto dietro ancora il documento in cui è scritto che l’illecito è stato fatto a mia insaputa e in mia assenza. Ho scontato i tre anni, ma senza quella carta io non sarei rientrato perché la vergogna sarebbe stata troppa. In quel periodo ho conosciuto sentimenti che non sapevo di avere come l’odio e la vendetta. Quando ricominciai a Modena, non ero più lo stesso. Non ero equilibrato, ci vollero altri due anni per ritrovarmi.

Ha allenato anche Gianpaolo Montesano, considerato da Ciro Ferrara e Pietro Vierchowod uno spauracchio autentico.
Grandi numeri, fortissimo nell’uno contro uno, faceva dribbling che non riusciva a capire neanche lui. Però non era del livello di Chiorri. Ho allenato grandi calciatori, anche Savo Milosevic era un fenomeno.

Poi vennero le stagioni migliori, Vicenza e Bologna, quest’ultimo portato dalla C alla serie A.
Ho sempre fatto bene dove mi hanno lasciato tempo. Anche a Empoli o nella Primavera della Fiorentina. Mi è sempre servito avere stabilità per costruire un progetto.

E il rapporto con Roberto Baggio?
Ha giocato più con me che non con gli altri allenatori che ha avuto, ha battuto il suo record di gol stagionali, grazie al Bologna ha ritrovato la Nazionale. Con lui feci un grave errore tattico. Nei primi mesi sbagliai io cercando di adattare la squadra a Baggio, invece solo il campione poteva adattarsi ai compagnai e ovviamente Baggio ci riuscì. Non è stato così difficile gestirlo. Il campione è complicato da allenare solo quando si avvicina al finale di carriera.

Buon compleanno, mister.
Mi raccomando mi chiami anche quando compirò un secolo.

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