Il governo ha deciso di revocare, e non solo sospendere, l’export di bombe italiane verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi. Il via libera di Uama (l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) ha sancito la decisione dell’esecutivo che segue la risoluzione del Parlamento del dicembre 2020, a prima firma delle deputate Yana Chiara Ehm (M5s) e Lia Quartapelle (Pd), che lo ha impegnato a prorogare la sospensione all’export di armamenti, già in vigore dal 2019, verso i due Paesi. Il provvedimento blocca, secondo una stima di Rete Pace e Disarmo, l’esportazione di ben 12.700 ordigni prodotti dalla Rwm di Domusnovas sui circa 20mila stabiliti dall’accordo firmato durante il governo di Matteo Renzi. Ordigni che, hanno dimostrato alcune inchieste giornalistiche, sono serviti alla coalizione a guida saudita per bombardare i ribelli Houthi in Yemen, uccidendo anche numerosi civili.

“La decisione politica era già arrivata la scorsa settimana, quando il ministro Di Maio ha inviato un parere accolto dalla presidenza del Consiglio sulla revoca”, ha spiegato a Ilfattoquotidiano.it il sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano. A quel punto, dopo ulteriori verifiche legate alla decisione di martedì di Giuseppe Conte di rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica, Uama ha risolto le questioni tecniche ufficializzando il provvedimento. Si è infatti stabilito che il processo di revoca avesse già esaurito il proprio passaggio politico e che mancassero solo gli ultimi step tecnici e formali per portarlo a termine, possibili anche durante una crisi di governo. “Questo era fin dal primo momento un nostro obiettivo, per il quale ci siamo impegnati durante la nostra gestione”, ha aggiunto Di Stefano.

Proprio il ministro degli Esteri ha voluto dare il suo personale annuncio, definendo la decisione “un atto che ritenevamo doveroso, un chiaro messaggio di pace che arriva dal nostro Paese. Il rispetto dei diritti umani è un impegno per noi inderogabile. Continuiamo a lavorare seguendo la strada maestra”.

“È un atto di portata storica che avviene per la prima volta nei 30 anni dall’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 sull’export di armi – commentano da Rete Pace e Disarmo – Il Governo Conte ha deciso di revocare, non solo sospendere, le autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Continua inoltre a rimanere in vigore anche la sospensione della concessione di nuove licenze per i medesimi materiali e Paesi”.

Secondo quanto scrivono in un comunicato i membri delle organizzazioni, il provvedimento riguarda almeno sei diverse autorizzazioni già sospese con decisione presa a luglio 2019, tra le quali la licenza MAE 45560 decisa verso l’Arabia Saudita nel 2016 durante il Governo Renzi. Un contratto, quello firmato nel corso del mandato del senatore di Italia Viva, chiuso dopo un’autorizzazione alle trattative che, si evince analizzando il numero di pratica, risaliva al 2014, ben due anni prima dell’accordo definitivo e che, quindi, le autorità preposte hanno avuto il tempo di valutare.

Da fonti anonime della Farnesina sentite dall’Ansa, nel pomeriggio arriva una smentita sul fatto che questa commessa possa essere associata temporalmente a uno specifico governo: “I contratti di export di armi con alcuni Paesi non sono iniziati nel 2014, ma prima, quindi è tecnicamente sbagliato attribuirli a un singolo o a una singola forza politica – dicono – Peraltro, se si considerano i tre anni precedenti la guerra in Yemen e i tre anni successivi, il valore complessivo di armamenti venduti a Riyad non è aumentato, anzi è diminuito. Lo stop all’export di bombe e missili arrivò con una risoluzione del Parlamento poche settimane prima del Conte II”. Parole che, però, vengono smentite dalle relazioni ufficiali del governo sull’export di armi. Il contratto per le circa 20mila bombe all’Arabia Saudita è stato firmato nel 2016, come si legge nella relazione presentata al Parlamento. Inoltre, se per “diminuzione del valore complessivo di armamenti venduti a Riad” si intendono i materiali esportati fisicamente ogni anno, si deve tenere conto delle oscillazioni dovute alle necessità degli stessi Stati acquirenti. Se invece si intende il numero di autorizzazioni rilasciate, cosa ben diversa, l’affermazione viene smentita, ancora una volta, dai documenti ufficiali: se nel 2014 (un anno prima dell’inizio del conflitto) l’Italia ha autorizzato contratti per 162 milioni, nel 2015, a guerra iniziata, queste sono cresciute a 257 milioni e nel 2016 a 422 milioni totali. Negli anni successivi, quando al governo non c’era più Matteo Renzi, le autorizzazioni sono sensibilmente calate, anche a causa, probabilmente, di una minore domanda da parte del Paese dopo le maxi commesse del passato, con il 2017 che si è chiuso con autorizzazioni per 51 milioni, 13 nel 2018 e, risalendo, 105 nel 2019.

“Un sincero ringraziamento è dovuto ai membri del Parlamento e in particolare della commissione Esteri della Camera che hanno dedicato attenzione a questo tema, proponendo ed approvando un’importante risoluzione nel dicembre 2020 che ha impegnato in primo luogo l’esecutivo a prorogare la sospensione all’export di armamenti verso i due Paesi della Penisola arabica – scrivono le organizzazioni in un comunicato – Esprimiamo inoltre soddisfazione per la rapidità e la fermezza con cui il Governo ha dato seguito a questo atto di indirizzo, orientandosi non solo verso la proroga della sospensione disposta nel luglio 2019 ma revocando anche le precedenti licenze come proposto dall’atto parlamentare”.

“La decisione della Farnesina di bloccare definitivamente la vendita di bombe Made in Italy ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti è una bellissima notizia, un importante gesto di civiltà il cui merito va al ministro Luigi Di Maio, al sottosegretario Manlio Di Stefano, al MoVimento 5 Stelle che lo chiede da anni e alle campagne di pressione della società civile – si legge in una nota dei senatori M5s della commissione Esteri al Senato – Tra le licenze di esportazione revocate c’è anche quella che riguarda la consegna, ancor da effettuare, di oltre metà delle 20mila bombe della Rwm Italia che l’Italia aveva venduto a Riad nel 2016. A quell’epoca era già iniziato l’intervento armato della coalizione a guida saudita in Yemen, dove queste bombe sono state usate anche in attacchi contro i civili in veri e propri crimini di guerra. Ci auguriamo che i futuri governi Italiani non rivedano questa saggia decisione, sottolineando come tale materia non dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità dei decisori politici del momento, ma dovrebbe essere normata in maniera chiara e rigorosa così da evitare eccezioni e scappatoie motivate da passeggere considerazioni politiche e commerciali. Per questo riteniamo non più rinviabile rivedere in senso restrittivo la normativa italiana in materia di vendita di armamenti come previsto dal disegno di legge di riforma della legge 185/90 proposta dal MoVimento 5 Stelle a prima firma del senatore Gianluca Ferrara“.

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