Volo Roma-Catania.
Volo Roma-Palermo.
Due viaggi, due esperienze, mille regole, un virus e un’isola in rosso dove i dati dei contagi sono alle stelle.

Appena si arriva a Catania, un corridoio obbligato conduce il viaggiatore verso un terminal dedicato ai tamponi. Tutto scorre con estrema velocità: scalo, tampone, esito. L’aeroporto di Fontanarossa è un filtro serio e rigoroso a protezione dell’intera Sicilia.

Al contrario, appena si fa scalo a Palermo, l’unico dispositivo di sicurezza presente, è il termoscanner. Zero controlli, passi l’area del ritiro bagagli e via fuori senza scrupolo.

Capisco che il presidente Nello Musumeci sia catanese, ma i suoi sforzi – in quanto governatore dell’intera Isola – dovrebbero estendersi anche alla Sicilia occidentale. Dico “dovrebbero” perché la lista delle contraddizioni è talmente lunga che nulla può farci sentire al sicuro. Infatti, nonostante l’attenzione di alcuni aeroporti, nei quali il monitoraggio è rigido sia in partenza che all’arrivo, la follia vera sono gli aerei.

Funziona così: se i passeggeri sono pochi l’assegnazione dei posti garantisce una giusta distanza tra un passeggero e l’altro. Se al contrario il volo è pieno (nulla vieta che lo sia), sei costretto a rimanere schiacciato (davanti, dietro e di lato), con tanto di mascherina, giubbotto sulle gambe (perché non te lo fanno più mettere nella cappelliera?) e se mai avvisti una fila da tre con due posti vuoti e chiedi di spostarti, ti dicono “no, per motivi di tracciabilità” devi rimanere dove il rischio contagio è più alto!

Che fine hanno fatto i droni, gli elicotteri, la protezione civile, le forze dell’ordine tutte che, nel pieno del lockdown, inseguivano individui innocui, solitari e raminghi che alle prime luci dell’alba rubavano un raggio di sole in spiaggia o al parco?

Allora, se si può riempire un aereo, costringendo i passeggeri a stare gomito a gomito, possiamo anche andare al cinema, a teatro, al ristorante, in piscina, o al bar.

Si è detto di tutto e di più sulle norme, sui Dcpm e sui controlli coatti, il rispetto delle mille privazioni è un gesto di responsabilità sociale che però avrebbe un peso specifico maggiore e un senso del sacrificio minore, se il tutto fosse accompagnato da una sana coerenza, “la qualità dell’unità indivisa, che si muove nella stessa direzione con ogni sua parte”, rossa, arancione o gialla che sia.

Cos’è che conta, la nostra sicurezza o il potere contrattuale di chi ci “ospita”? Domanda retorica, conosciamo già la risposta.

Riceviamo e pubblichiamo la replica di Gesap, società di gestione dell’aeroporto internazionale di Palermo “Falcone Borsellino”

Leggiamo, con un leggero dovuto stupore, il contenuto di un articolo nel suo blog che presso l’Aeroporto di Palermo non verrebbero effettuati obbligatoriamente i tamponi e che, stando a quanto viene scritto, ci siano “zero controlli”. Tuttavia, con una più attenta analisi del contenuto dei più recenti Dpcm che regolamentano gli ingressi in Italia e, soprattutto, esaminando la recentissima Ordinanza del Presidente della Regione Siciliana, per ciò che riguarda la Sicilia, avrebbe suggerito una informazione più scrupolosa ed aderente ai fatti. In particolare, l’ordinanza del presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, prevede diverse opzioni per il viaggiatore che fa il suo ingresso in Sicilia anche mediante gli aeroporti siciliani.

In primis occorre ricordare l’obbligo di registrarsi sul portale siciliacoronavirus.it. In secondo luogo il passeggero che intenda fare il suo ingresso sul territorio siciliano, se munito di certificato che attesti l’esito negativo di un tampone molecolare effettuato entro 48 ore dal suo arrivo, può liberamente accedere. Diversamente il passeggero può scegliere di sottoporsi al test del tampone rapido in aeroporto (e per questo motivo, da circa otto mesi, così come deciso nei tavoli con Regione, Asp, Enac, forze dell’ordine, è stata allestita un’area Covid-19 Test di mille metri quadrati a poca distanza dal terminal, dove lavorano una sessantina di medici impegnati a turno per i test rapidi). Alternativamente il passeggero può scegliere di fare il tampone rapido fuori dall’aeroporto e cioè in un drive-in cittadino entro 48 ore dal suo arrivo (ed ecco perché può anche andare via dall’aeroporto).

Il passeggero, inoltre, può scegliere di non sottoporsi al tampone rapido. In questo caso la predetta ordinanza lo obbliga all’autoisolamento per dieci giorni.

Le suddette regole, che certamente non possono essere celate, sono state e continuano ad essere pubblicizzate da giornali, siti di informazione e social/web dell’aeroporto di Palermo. Affermare che in aeroporto non si effettuano i tamponi è errato ed ingiusto nei confronti dei tanti medici che, ogni giorno, per tutti i passeggeri dei voli in arrivo sono pronti a svolgere la delicata attività presso l’area Covid Test dell’aeroporto di Palermo (ben segnalata proprio a partire dalla hall arrivi), arrivando pure a coprire punte di oltre tremila test al giorno.

In ultimo, le segnaliamo che all’aeroporto di Palermo è possibile fare il tampone rapido gratuito anche alla partenza. Online, sul sito dell’aeroporto di Palermo, trova inoltre il form di pre-accettazione del tampone.

Risposta dell’autrice

Gent.mi, da quello che leggo però convenite con quanto ho scritto. A Catania il percorso al test è obbligato, a Palermo no. Sono state evidentemente scelte altre soluzioni, come indicate nella lettera, ma io ho raccontato ciò che ho vissuto. L’intero volo az1783 del 23.01 ha fatto scalo alle ore 22,30 circa senza che nessuno sia stato indirizzato da alcuna parte. Apprendo con piacere delle soluzioni alternative che però, paragonate alle misure prese dall’aeroporto catanese, sono decisamente meno ferree.
Dina Lauricella

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