L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 24 gennaio di ogni anno Giornata Mondiale dell’Educazione per celebrare la centralità dell’educazione nella costruzione di uno sviluppo sostenibile e del benessere umano diffuso, quello che costruisce pace e armonia con l’ambiente. Il tema della prima edizione, quella del 2019, “Education: A Key Driver for Inclusion and Empowerment”, poneva l’accento sulla potenza dell’istruzione nella costruzione dello sviluppo dell’umanità attraverso la pace e l’inclusione sociale.

La seconda edizione, quella del 2020 dal titolo “Learning for people, planet, prosperity, and peace”, cadde giusto nei giorni in cui la pandemia muoveva i primi passi, così che sembra oggi quasi profetico. Senza istruzione è più difficile costruire educazione, per questo un anno fa l’Onu ricordava fra l’altro che, anche se la frequenza alle scuole primarie nei Paesi in via di sviluppo ha raggiunto il 91%, ci sono 57 milioni di bambini, il 55% dei quali nell’Africa subsahariana, che ne sono ancora esclusi. Metà di questi perché vivono in zone di guerra. Insomma, la strada che porta alla piena istruzione di base per tutti è ancora lunga e piena di ostacoli.

Il titolo di quest’anno, “Recover and Revitalize Education for the Covid-19 Generation”, mette al centro lo sconquasso che la pandemia ha prodotto sulle società di tutto il mondo, compresi i sistemi scolastici e formativi. Uno sconquasso che ha ulteriormente segnalato, come ci ricorda l’Unesco, che “Senza un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e opportunità lungo tutto l’arco della vita per tutti, i paesi non riusciranno a raggiungere l’uguaglianza di genere e a spezzare il ciclo della povertà che lascia indietro milioni di bambini, giovani e adulti”.

I dati recenti (fonte Unesco) ci parlano di 258 milioni di bambini e giovani che non frequentano ancora la scuola; 617 milioni di bambini e adolescenti che non sanno leggere e far di conto; di meno del 40% delle ragazze nell’Africa subsahariana che completa la scuola secondaria inferiore e di circa quattro milioni di bambini e giovani rifugiati che non vanno a scuola.

Lo stato di realizzazione dell’Agenda 2030 dell’Onu – Obiettivo 4: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti – che riporta gli obiettivi di sviluppo sostenibile per il decennio appena cominciato, è ancora lontano dal fare del diritto all’istruzione/educazione un diritto naturale, equiparato a quello alla vita. Per una fetta considerevole dei giovani del nostro mondo l’istruzione è un’utopia, perfino per quelli che vivono in paesi dove sembrerebbe essere garantita, ma dove raramente produce competenza linguistica e matematica sufficiente a uscire dall’analfabetismo.

Ogni volta che solleviamo lo sguardo dal nostro particolare alle drammatiche diseguaglianze che affliggono il pianeta, un sospiro di sollievo: da noi la scuola è garantita a tutti, un po’ di istruzione la diffonde, a volte concorre perfino a costruire modelli educativi di una qualche presa sulle giovani generazioni. Supporta anche gli adulti che vogliono migliorare offrendo loro percorsi adatti, perfino quando il mondo degli imprenditori, dell’economia marcia, dell’informazione/propaganda e della politichetta spinge perché il suddito sia tenuto nella cattività dell’ignoranza e della maleducazione.

Si può sempre tornare indietro, già lo stiamo facendo – lo testimoniano le polemiche sui banchi con rotelle che ci sono per far dimenticare gli autobus dedicati che continuano a mancare -, perciò l’occasione della II Giornata mondiale dell’Educazione può stimolare qualche proposito per l’immediato futuro. Eccoli:

1. Ricordarsi sempre che la scuola non è dei docenti (e non), dei dirigenti e dei bidelli: è degli allievi, delle loro famiglie, è patrimonio pubblico. Tutti quelli che ci lavorano devono curarlo e coltivarlo molto meglio di come si sta facendo: via le posizioni di comodo, gli imboscati del Covid (c’erano anche prima…), le rendite di posizione, le burocrazie inventate per bloccare l’innovazione, i sindacalisti dei privilegi.

2. Non dimenticare mai che la scuola deve insegnare e, mentre lo, fa, costruisce modelli sociali e relazionali profondamente educativi. Imparare è lo scopo fondamentale del frequentare la scuola, sta ai docenti cercare i metodi migliori per ottenere i risultati voluti, studiandone di sempre nuovi, documentandosi e provando. Dato che la scuola funziona se è “società”, debbono fare tutto questo insieme, parlandosi, scambiandosi lavori, esperienze e critiche. I docenti debbono essere istruiti e istruirsi continuamente: è il nostro mondo che richiede queste permanenza e ricorrenza.

3. Educare alla curiosità, all’esplorazione (anche a quella intellettuale), alla generosità che muove la condivisione: i metodi sono tanti, sta ai docenti e agli educatori scegliere quelli più indicati ai soggetti e al contesto. Come possono farlo se non sono essi stessi curiosi, vogliosi di conoscenza e generosi nella condivisione?

4. Sviluppare il senso critico non per trasformare i giovani in anticonformisti “conformi”, ma per proporre punti di vista e approcci che arricchiscono la conoscenza e, dunque, la profondità della persona.

Alla fine, anche una Giornata mondiale dell’Educazione può diventare l’occasione di buoni propositi su cui lavorare per l’intero anno. Ci sarà da lottare con le unghie e coi denti perché le risorse che arriveranno copiose vadano a buon fine, con la stessa determinazione delle tante lobby economiche che da tempo sono all’opera per concorrere al banchetto del Recovery Fund.

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