False polizze, abusivismo di operatori assicurativi e finanziari non abilitati e insolvenza dei soggetti garanti. Sono questi gli illeciti più comuni quando si parla di garanzie finanziarie che, in Italia, i gestori delle discariche hanno l’obbligo di prestare a Regioni e Province per ottenere le autorizzazioni. Sulla carta si tratta di un istituto che serve ad assicurare il rispetto di tutti gli obblighi derivanti dall’autorizzazione, compresi quelli relativi alla procedura di chiusura e alla successiva gestione dell’area, mettendo enti pubblici e collettività al riparo dagli effetti di eventuali inadempienze. Ma non sempre questo si verifica, spesso a causa di lacune normative e ostacoli che spingono i gestori a rivolgersi a operatori poco affidabili e che vengono sfruttate per trarre in inganno le amministrazioni pubbliche destinatarie delle garanzie. Con gravi effetti in termini di danno erariale. La Commissione Ecomafie ha appena approvato all’unanimità una relazione, curata dal presidente Stefano Vignaroli, dal senatore Vincenzo D’Arienzo e dal deputato Manfredi Potenti, che evidenzia tutte le lacune della legge attuale, non sempre in grado di garantire che le Regioni o le Province territorialmente competenti possano ricevere un equo ristoro in caso di danni ambientali causati dall’esercizio di una discarica, da inadempienze o dal fallimento del gestore.

Le garanzie finanziarie – Una prima osservazione riguarda le informazioni. “I dati in molti casi non esaustivi pervenuti alla Commissione da diverse Regioni sono il segnale di una non sufficiente attenzione verso il delicato tema delle discariche”, spiega Vignaroli. Le garanzie finanziarie che il gestore della discarica è obbligato ad attivare hanno lo scopo di coprire sia la fase operativa (compresa la chiusura del sito), sia quella post operativa, attraverso polizza assicurativa (oggi la più comune), fideiussione bancaria o cauzione. Le polizze sono emesse prevalentemente da compagnie d’assicurazione di diritto italiano, con una significativa quota di quelle con sede in Paesi dell’Unione europea ed extra UE. Ma che protezione finanziaria concreta c’è? “È stata finora rilevata la limitatissima escussione degli importi garantiti – scrive la Commissione – In alcuni casi è emersa l’impossibilità dell’ente a procedere per l’intervenuto fallimento del soggetto gestore dell’impianto”.

Le lacune – Una delle principali lacune riguarda i criteri generali per la determinazione delle garanzie, la cui definizione, come affermato dalla Corte Costituzionale in una sentenza del 2013, è di esclusiva competenza statale. “Ad oggi – scrive la Commissione – tali criteri non sono stati fissati, con una conseguente situazione di grave incertezza applicativa, mentre i provvedimenti regionali sono suscettibili di essere dichiarati incostituzionali o illegittimi”. Nel frattempo continuano a registrarsi una serie di anomalie: la totale mancanza di garanzie finanziarie per la gestione di alcuni impianti o, “con una certa frequenza”, il ricorso a queste garanzie solo per la fase operativa (e non quella post operativa). In altri casi, la polizza ha una copertura di cinque anni – con la possibilità di rinnovo – contro i trenta previsti dalla legge. D’altro canto, imprese che gestiscono rifiuti da tempo lamentano di avere difficoltà ad adempiere all’obbligo di legge sia per i costi troppo elevati delle operazioni nella fase di post gestione delle discariche, sia perché si trovano davanti al rifiuto di compagnie assicurative e banche spesso proprio a causa della durata minima trentennale.

Il caso della discarica di Malagrotta – A maggio 2020, tra l’altro, una sentenza della Corte di Giustizia Europea, intervenuta nell’ambito di un contenzioso tra Ama, azienda di igiene urbana del Comune di Roma, e Colari, gestore della discarica di Malagrotta, a Roma, ha stabilito che anche nel caso di siti di smaltimento già esistenti al momento del recepimento della direttiva europea sulle discariche (nel 2003), il periodo di post gestione (e la relativa garanzia finanziaria) devono avere durata trentennale. “Considerando la diretta applicabilità dei pronunciamenti della Corte Europea negli ordinamenti nazionali – spiega la Commissione – tale sentenza non avrà conseguenze dirette solo sulla definizione del rimborso dovuto da Ama a Colari, ma è destinata ad avere riflessi più ampi”.

Gli illeciti e l’inchiesta di Brescia – Tra gli illeciti più comuni ci sono le false polizze assicurative e l’insolvenza dei soggetti garanti, due problemi emersi anche in un’indagine svolta dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia, che ha portato alla luce un esteso traffico illegale di polizze, poste a garanzia di impianti industriali e appalti pubblici. Le assicurazioni false, secondo quanto emerso dall’inchiesta, sono di due tipi: polizze ‘fasulle’, emesse da società assicurative vere e proprie con sede in Romania e Bulgaria, dietro cui però non esiste una reale copertura finanziaria, e polizze ‘false’, “i cui documenti ingannevoli e creati ad arte proverrebbero da antichi e prestigiosi Paesi dell’Unione europea”. L’abusivismo viene messo in atto da operatori assicurativi e finanziari non abilitati all’esercizio dell’attività o al rilascio di garanzie finanziarie e, in quanto tali, non ricadenti sotto la vigilanza degli organi preposti. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, in audizione davanti alla Commissione, ha sottolineato il diffondersi del fenomeno delle polizze completamente contraffatte “che riportano fraudolentemente marchio, denominazione ed altri segni distintivi di imprese del settore autorizzate, inducendo facilmente in errore anche le amministrazioni pubbliche”. Sul fronte bancario e finanziario, la Banca d’Italia ha invece fornito informazioni rispetto a pratiche di abusivismo messe in atto dai cosiddetti ‘confidi’ minori, cioè non abilitati al rilascio di fideiussioni.

Le raccomandazioni – Secondo la Commissione è necessario un adeguamento delle norme statali che tenga conto di tre capisaldi: la competenza statale in materia, riconosciuta dalla Corte Costituzionale, la necessità di coerenza con le norme sovranazionali sulle discariche e il loro recente recepimento e, infine, il riconoscimento di una ineffettività dell’istituto così come attualmente disciplinato. “Le pubbliche amministrazioni devono avere più attenzione, e allo stesso tempo necessitano di maggiori strumenti per tutelarsi di fronte alle irregolarità” aggiunge Vignaroli, secondo cui “la presenza di contratti-tipo contribuirebbe a rendere più efficaci tali strumenti”. Un’altra misura che si chiede di valutare “è la possibilità di costruire un sistema misto, in cui la garanzia prestata decresce all’aumentare delle somme accantonate dal gestore”, insieme alla costruzione di un ruolo del Sistema nazionale di protezione ambientale. “I fenomeni illeciti o elusivi necessitano di un contrasto basato sulla circolazione delle conoscenze – scrive la Commissione – a proposito dei soggetti che operano nel settore, mediante un coordinamento tra banche dati (al livello nazionale ed europeo), un monitoraggio da parte di enti esponenziali di categoria e istituzioni pubbliche, un superamento dei controlli meramente cartolari da parte delle pubbliche amministrazioni”.

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