Incurante delle proteste delle opposizioni, la Regione Veneto rinnova il permesso ai cacciatori di spostarsi al di fuori del proprio comune di residenza per esercitare l’attività venatoria, nonostante la zona arancione a causa del Covid. Una prima deroga è stata firmata il 28 dicembre dal dirigente regionale della Direzione Agroambiente, Programmazione e Gestione ittica e faunistico-venatoria e riguardava i giorni soggetti al Dpcm nel corso delle vacanze natalizie. Adesso lo stesso dirigente ha rinnovato il permesso a partire dall’8 gennaio, visto che il Veneto rimarrà per altre due settimane in zona arancione. E così il consigliere regionale Andrea Zanoni ha scritto a tutti i prefetti del Veneto, per informarli di quella che egli definisce “una grave decisione in un momento in cui la pandemia, a dispetto delle chiusure, continua ad aumentare”. Infatti, l’ufficio regionale, sentito il parere dell’Avvocatura, stabilisce che tra le giustificazioni utilizzabili per lasciare il proprio comune ci siano anche “l’attività di prelievo venatorio” e gli “spostamenti extra-comunali connessi per l’esercizio della stessa”, come si trattasse di ragioni di lavoro, di necessità o di forza maggiore. Il consigliere Zanoni chiede ai prefetti “di verificare la difformità e violazione delle leggi statali in materia di contenimento della pandemia Covid-19 e nel caso di emanare dei provvedimenti opportuni a ripristinare il dettato normativo dello Stato a garanzia della salute delle comunità della provincia di competenza”. Zanoni ha anche interpellato il sottosegretario agli Interni, Achille Variati: “Mi ha confermato che non si può cacciare fuori dal proprio Comune. Zaia eviti circolari regionali illegittime, con deroghe oltretutto pericolose per la salute”.

Dal carteggio riguardante questa vicenda emergono alcuni dati sconcertanti. Le associazioni venatorie Anuu, Enalcaccia, Arcicaccia, Eps, Anlc e Fidc hanno scritto alla vigilia di Natale al presidente della giunta regionale Luca Zaia, al presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti e all’assessore Cristiano Corazzari. Interpretavano “le esternazioni di sconforto che giungono da parte di moltissimi cacciatori penalizzati da un’interpretazione a nostro giudizio non corretta e non giustificata di quella che è la regolamentazione da applicarsi alla zona arancione”. E chiedevano il rispetto dell’”equilibrio psico-fisico dei cittadini, privati da perduranti privazioni”, anche perché la caccia si svolge all’aperto, senza contatti tra persone. Sarà anche vero, ma questo vale anche per tante attività sportive, per le quali non esiste deroga di spostamento extra-comunale. E il Covid mette in crisi l’equilibrio di tutti, non solo dei cacciatori.

Quella lettera aveva anche la firma di un consigliere regionale, il leghista Gianpiero Possamai, presidente veneto della Federazione Italiana della Caccia. Che in consiglio regionale la lobby dei cacciatori sia sempre stata ben rappresentata è noto dai tempi di Sergio Berlato di Fratelli d’Italia, oggi eurodeputato. La velocità con cui la pratica è stata evasa è sorprendente. Il funzionario regionale ha risposto subito ai cacciatori dicendo di “aver dato seguito a un approfondimento per le vie brevi con l’Avvocatura regionale” e così anticipava di dare “ampia informazione” ai cacciatori che il 28 dicembre sarebbe stata emessa una comunicazione in cui si affermava che tra le “comprovate esigenze lavorative, per studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità…” del Dpcm vi era anche l’attività venatoria. “Nonostante Natale, Santo Stefano e una domenica di mezzo, i potenti cacciatori sono riusciti a ottenere quello che volevano. E continuano a farlo, con la benedizione della giunta Zaia. Evidentemente sono considerati più cittadini degli altri cittadini. E’ un trattamento di favore inaccettabile”, conclude Zanoni.

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