Nel dibattito globale sulla necessità di un prelievo sulle grandi ricchezze per affrontare l’emergenza pandemica – e più in generale per ridurre le disuguaglianze – si inserisce anche la Banca d’Italia. Il capo del Servizio assistenza e consulenza fiscale di via Nazionale Giacomo Ricotti, in audizione sulla riforma dell’Irpef che il governo intende mettere in cantiere a partire da quest’anno, ha spiegato che l’Italia rispetto agli altri Paesi continua a distinguersi per “l’alta incidenza del carico fiscale sul capitale e soprattutto sul lavoro“. Come rimediare? Dati i vincoli di bilancio, “a parità di spesa pubblica ulteriori riduzioni del prelievo sul lavoro potrebbero essere finanziate attraverso un maggiore carico fiscale sui consumi e sulla ricchezza, considerato meno dannoso per la crescita“. La possibile “cura” dunque comprende sia un aumento dell’Iva – predicato da Ocse e Commissione europea ma visto come fumo negli occhi per le possibili ricadute elettorali e senza dubbio inopportuno durante una crisi – sia la possibilità di un prelievo patrimoniale. Che aiuta a redistribuire la ricchezza, “argomento ancora più forte nei paesi in cui sono diffusi fenomeni di evasione fiscale“, e incentiva “impieghi più produttivi” delle risorse. Quanto al rischio di fuga dei capitali per evitarla, oggi risulta “attenuato” grazie allo scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali.

Il direttore generale dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini non si è invece espresso sulla patrimoniale ma ha bocciato la flat tax per redditi fino a 65mila euro in vigore dal 2020: “Finisce con il segmentare ancora di più l’Irpef, oltre all’ulteriore rischio di violare il principio economico di equità orizzontale e quello costituzionale di eguaglianza”. Ruffini si è invece detto a favore di un sistema con aliquota continua alla tedesca, guardato con interesse dal Pd e dal titolare dell’Economia Roberto Gualtieri.

“Redistribuzione tanto più importante dove è forte l’evasione” – Via Nazionale nella sua relazione rileva che “le difficoltà amministrative e un’ampia possibilità di evasione ed elusione hanno nel tempo portato all’abrogazione dell’imposta patrimoniale personale in molti paesi europei soprattutto a fronte di un gettito molto contenuto”. Attualmente “solo Norvegia, Spagna e Svizzera applicano imposte patrimoniali personali. L’imposizione è progressiva in Spagna e nella maggior parte dei cantoni svizzeri; proporzionale in Norvegia. Il gettito è rilevante solo in Svizzera”. Il tema è “alquanto dibattuto nella letteratura economica” e “sono stati avanzati diversi argomenti a favore e contro”. A favore della tassazione patrimoniale, scrive Ricotti nel capitolo dedicato, “c’è ovviamente l’argomento redistributivo, data l’elevata concentrazione della ricchezza che è ben superiore a quella dei redditi“, riconosce Bankitalia. “Tale argomento è ancora più forte nei paesi in cui sono diffusi fenomeni di evasione fiscale, nei quali l’imposta patrimoniale può consentire di attenuare gli effetti negativi derivanti dalla mancata tassazione dei redditi da cui origina la ricchezza accumulata. Ulteriori argomenti fanno riferimento ai benefici che il possesso della ricchezza genera, quali ad esempio maggiori opportunità di accesso al credito o assicurazione rispetto a eventi avversi”.

“La patrimoniale può incentivare impieghi più produttivi del capitale” – Dal punto di vista dell’efficienza, “la tassazione patrimoniale può incentivare impieghi più produttivi del capitale: essa equivale, infatti, a un prelievo su un rendimento figurativo la cui incidenza si riduce all’aumentare del rendimento effettivo. Inoltre, la tassazione patrimoniale può consentire di correggere altri aspetti del sistema fiscale, quali ad esempio la mancata tassazione dei guadagni in conto capitale o l’effetto di tax deferral dovuto alla loro tassazione al realizzo o, infine, un prelievo nullo o molto contenuto sulle successioni“. Sul fronte opposto “i principali argomenti contrari alla tassazione patrimoniale riguardano i possibili effetti negativi sul tasso di risparmio degli individui, il rischio di trasferimenti all’estero delle componenti mobili della ricchezza e l’aumento del costo del capitale per le imprese. Tutto questo tende ad avere conseguenze negative sulla crescita”. Gli effetti “sarebbero amplificati qualora alla tassazione patrimoniale si affiancasse il prelievo sui redditi da capitale, potendo in questo caso dare luogo ad aliquote marginali effettive assai elevate”.

“Rischi di trasferimento dei capitali all’estero oggi sono attenuati” – Ma “i rischi di elusione e evasione dell’imposta attraverso il trasferimento dei capitali all’estero, pure sottolineati dalla letteratura, dovrebbero oggi essere attenuati, almeno in parte, grazie ai progressi compiuti negli ultimi anni con lo scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali e con un maggiore utilizzo dei dati da parte delle stesse amministrazioni. Una tassazione patrimoniale molto elevata potrebbe però indurre i soggetti più abbienti a trasferire la residenza all’estero”. Ma ovviamente se il trasferimento non è reale, bensì mira solo a evitare la tassa, l’amministrazione fiscale può contestarlo.

Ruffini a favore dell’aliquota personalizzata alla tedesca – La base imponibile dell’Irpef negli ultimi anni subito “un fenomeno di erosione” a causa dell’introduzione di tassazioni separate di alcuni cespiti, della proliferazione delle cosiddette spese fiscali (tax expenditures) sotto forma di esenzioni, deduzioni e detrazioni , e dell’obsolescenza dei valori tassati, “come nel caso del mancato aggiornamento dei valori catastali“, annota Bankitalia. Criticità che si aggiungono al buco nero dell’evasione fiscale, che supera i 100 miliardi di euro l’anno di cui 38 di Irpef. Il risultato, ha spiegato Ruffini, è che l’attuale sistema “disincentiva l’offerta di lavoro da parte dei contribuenti” a causa di diversi fattori tra cui “aliquote marginali elevate sui redditi bassi” o ”detrazioni decrescenti al crescere del reddito”.

Invece l’aliquotapersonalizzata” in vigore in Germania “consente di graduare con estrema finezza l’aliquota marginale effettiva, perfezionando la progressività dell’imposizione ed evitando il disincentivo all’offerta di lavoro dovuto al cosiddetto ‘salto di aliquota’ per i redditi medio-bassi”. Scegliendo questo modello “la riduzione del prelievo sui redditi medi e medio-bassi potrebbe essere realizzata con un costo relativamente contenuto“. Per Ruffini, dall’Irpef determinata con l’aliquota continua “in linea teorica, si potrebbero comunque continuare a sottrarre le detrazioni per spese, oneri e per carichi di famiglia. In alternativa la previsione del sistema ad aliquota continua potrebbe essere accompagnata dall’introduzione di un tetto massimo di detraibilità, dalla sostituzione delle detrazioni per figli a carico e assegni familiari con l’assegno universale e dall’abolizione della cedolare secca sui redditi immobiliari, del regime forfetario e della detassazione dei premi di produttività”. Tutte “aggiunte” che negli anni hanno complicato il quadro normativo rendendo l’Irpef molto meno progressiva rispetto a quando entrò in vigore nel 1974.

Il Fattoquotidiano.it ha lanciato una petizione, già vicina a 75mila firme, per introdurre un prelievo sui grandissimi patrimoni, ovvero superiori a 50 milioni di euro. Un’imposta che riguarderebbe meno di 3mila contribuenti ma che potrebbe generare un gettito fino a 10 miliardi che potrebbe essere utilizzati per sostenere le fasce di popolazione più in difficoltà a causa della pandemia.

Firma qui la petizione del Fatto.it

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