Lo avevano promesso e lo hanno fatto. L’Iran ha ripreso l’arricchimento dell’uranio al 20% nel sito nucleare sotterraneo di Fordo, dove immagini satellitari nelle ultime settimane avevano individuato una nuova struttura che, si ipotizzava, sarebbe servita proprio a portare avanti il piano nucleare della Repubblica Islamica, ripartito dopo il ritiro americano dall’accordo Jcpoa. Una notizia che accresce le tensioni tra Teheran e Washington, a pochi giorni dal passaggio di consegne alla Casa Bianca, dove il 20 gennaio si insedierà il neoeletto presidente Joe Biden, e dopo la decisione dell’amministrazione Usa di mantenere in Medio Oriente la portaerei Uss Nimitz: “Ci auguriamo che non creino tensioni nei prossimi giorni – ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh, riferendosi proprio agli Stati Uniti – e non lascino una sinistra eredità di cui le future generazioni dell’America saranno ritenute responsabili”.

“Pochi minuti fa è iniziato il processo di produzione di uranio arricchito al 20% nel complesso di Fordo”, ha annunciato Ali Rabiei, portavoce del governo all’agenzia di stampa Mehr, dopo l’avviso inviato proprio dal governo di Hassan Rohani all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) che, proprio nei giorni scorsi, aveva reso noto di essere stata informata dalle autorità iraniane sull’imminente ripresa dell’arricchimento al 20%. L’ordine di avviare le operazioni è arrivato proprio dal presidente in conseguenza di una legge approvata dal Parlamento, controllato dai conservatori, che impegna le autorità a una serie di misure di rafforzamento dell’attività nucleare. Attualmente, l’arricchimento registrato dell’uranio iraniano è al 4,5%, già sopra il limite del 3,67% fissato dal Jcpoa. Prima dell’accordo del 2015, il progetto di arricchimento dell’uranio al 20% a Fordo era stato accompagnato da minacce israeliane di raid contro l’impianto.

Alla notizia, l’Unione europea ha risposto con un commento da parte del portavoce per gli Affari esteri della Commissione europea, Peter Stano: “Se l’annuncio sarà attuato, rappresenterebbe un notevole allontanamento dagli impegni sul nucleare dell’Iran” con “gravi implicazioni sulla non-proliferazione” delle armi nucleari. Il portavoce ha riferito che Bruxelles aspetterà un briefing dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) più tardi in giornata prima di decidere quali azioni intraprendere.

Già nei giorni scorsi l’Iran aveva dichiarato di voler arricchire “il prima possibile” l’uranio nel suo impianto nucleare sotterraneo, situato a 90 chilometri dalla città santa di Qom, simbolo della rivoluzione khomeinista del 1979. Ali Akbar Salehi, il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, aveva affermato: “Siamo come soldati e le nostre dita sono sui grilletti. Il comandante dovrebbe comandare e noi spariamo. Siamo pronti per questo e produrremo” l’uranio arricchito al 20% “il prima possibile”.

Proprio oggi, negli avvertimenti lanciati agli Stati Uniti su possibili “azioni provocatorie”, Khatibzadeh ha aggiunto che “i movimenti e le azioni provocatorie degli Stati Uniti non sfuggono ai nostri occhi e le forze iraniane sono pienamente consapevoli dei movimenti segreti americani nella regione”, ha detto commentando la decisione del Pentagono di mantenere in Medio Oriente la portaerei Uss Nimitz per fronteggiare le “recenti minacce” di Teheran. “Abbiamo inviato apertamente messaggi a Washington attraverso la Svizzera (che cura gli interessi Usa in Iran, ndr) e anche agli altri Stati della regione. Abbiamo sottolineato che Washington è responsabile del suo avventurismo e abbiamo chiesto a quei Paesi di non cadere nella trappola degli Stati Uniti”, ha concluso.

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