Slittano i tempi per la nascita della società unica della rete di telecomunicazioni di nuova generazione (AccessCo) dopo che l’Antitrust ha avviato un’istruttoria su FiberCop, la società della rete di Tim, Fastweb e Kkr. Se è vero che Open Fiber potrebbe ben presto passare sotto il controllo di Cassa depositi e prestiti, è altrettanto vero che AccessCo, che dovrebbe unire l’infrastruttura di Open Fiber con quella di FiberCop di Tim, non potrà vedere la luce nel primo trimestre del prossimo anno, come invece previsto e indicato nell’intesa raggiunta fra Cdp e Tim dello scorso 31 agosto.

Nella pratica i tempi sono decisamente diversi. E anche il finale della storia è ancora tutto da scrivere. Al momento Enel ha deciso di cedere al fondo australiano Macquarie Infrastructure & Real Assets (Mira) fra il 40 e il 50% di Open Fiber, società della fibra controllata assieme a Cdp. L’azienda guidata da Francesco Starace sta ora preparando una lettera per Cdp in cui formalizza la volontà di uscire dal capitale di Open Fiber, missiva che dovrebbe partire entro fine anno. A quel punto, il braccio finanziario dello Stato avrà un mese di tempo per decidere se esercitare o meno il suo diritto d’opzione.

Le ipotesi sul tavolo – Tre sono le ipotesi di lavoro sul tavolo della controllata pubblica. La prima prevede che Cdp acquisisca l’intera quota di Open Fiber messa in vendita da Enel al prezzo di 2,65 miliardi, cifra che può salire di un altro miliardo qualora dovessero verificarsi di alcuni eventi, fra i quali la nascita della rete unica. La seconda ipotizza che il gruppo guidato da Fabrizio Palermo acquisisca solo il 10% di Open Fiber per circa 265 milioni. La terza esclude del tutto la possibilità che Cdp metta mano al portafoglio lasciando l’intera partecipazione nelle mani del fondo australiano Maquaire. In ogni caso, in base ai patti parasociali, Cdp avrà il diritto di nominare l’amministratore delegato e di gestire Open Fiber a partire da novembre 2021. Comunque vadano le cose, questo passaggio ha un doppio significato: da un lato cristallizza il valore di Open Fiber, dall’altro rappresenta un passo sostanziale in vista della creazione della società unica della rete, AccessCo, un progetto fortemente sostenuto dal governo. Almeno apparentemente.

Si allungano i tempi – Non è infatti tutto oro quel che luccica. Innanzitutto, secondo quanto riferisce Enel, la cessione agli australiani avverrà entro giugno. Il che significa che nella migliore delle ipotesi AccessCo prenderà vita nella seconda metà del 2021. Inoltre l’Antitrust ha avviato un’istruttoria nei contronti di Telecom, Fastweb, FiberCop, Tiscali e Kkr (via Teemo Bidco) per valutare “i contratti che regolano la costituzione e il funzionamento di FiberCop e gli accordi di fornitura con Fastweb e Tiscali”. Secondo le valutazioni dell’autorità, “contrariamente agli obiettivi dichiarati dal progetto FiberCop”, l’intesa riduce “la concorrenza nei mercati dei servizi all’ingrosso e al dettaglio di telecomunicazioni a banda larga e ultralarga, generando altresì un effetto distorsivo degli investimenti, risultando nei fatti discriminatorio” si legge nel documento che fissa al 31 dicembre 2021 il termine ultimo per chiudere l’istruttoria.

Comprare e poi svalutare? Il rebus di Cdp – Resta infine il problema della valorizzazione di Open Fiber rispetto a FiberCop in funzione delle nozze. Sulla base della valutazione data dagli australiani di Mira, Open Fiber vale fra 7,1 e 7,3 miliardi, debiti inclusi. FiberCop, controllata da Telecom (58%) assieme a Fastweb (4,5%) e al fondo statunitense Kkr (37,5%), vale invece circa 7,5 miliardi. A queste cifre, le nozze rappresenterebbero una fusione pressoché alla pari. Ma il problema è che Telecom, pur avendo solo il 58% di FiberCop, pretende di ottenere il 50,1% di AccessCo come condizione per partecipare al progetto di rete unica. Il gruppo della telefonia non è infatti disposto ad accettare la valutazione di Open Fiber fatta dagli australiani di Mira poiché la ritiene troppo generosa.

Stando così le cose, la mossa di Starace ha messo Cdp nell’angolo, creando non poco imbarazzo al gruppo guidato da Fabrizio Palermo. Difficile infatti immaginare che Cdp possa acquistare oggi azioni Open Fiber al prezzo della valutazione di Mira per partecipare, pochi mesi dopo, ad una fusione che ne ridurrebbe il valore. Un vero rebus per l’azienda pubblica che custodisce i risparmi postali degli italiani e un rompicapo che rischia di minare il progetto della rete unica tanto caro al governo.

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