Michela Piccione, 35 anni, di Sava, in provincia di Taranto, madre di due figli, fino ad oggi non ha mai avuto un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ha svolto vari lavori prima di arrivare al ruolo di centralinista in un call center a Taranto. Resasi conto da subito delle condizioni lavorative cui lei e suoi colleghi sono sottoposti, sfruttati per un compenso irrisorio, convince altre 20 colleghe a denunciare alla Slc Cgil tutte le irregolarità riscontrate e in seguito alla denuncia la struttura viene chiusa. “Questa storia -racconta- mi ha rafforzato e mi ha dato la consapevolezza che, se tutti alziamo la testa, forse le cose cambiano. La vergogna non può essere la nostra ma di chi ci sfrutta”. Al momento è impiegata in un call center regolare con un contratto a progetto.

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