C’è chi pensa di chiedere un permesso al preside; chi chiederà un cambio turno ai colleghi; chi (speriamo pochi) approfitterà del weekend per mettersi in malattia e chi rischia di restare al Nord. Sono i docenti e i collaboratori scolastici che, in vista del blocco del 21 dicembre istituito dal Dpcm d’inizio mese, stanno chiedendo ai dirigenti scolastici di poter anticipare le vacanze natalizie per non restare bloccati nelle città dove lavorano.

Una situazione che in molte scuole potrebbe creare un problema per le assenze di maestri e professori delle primarie e delle medie. Difficile quantificare l’esatto numero delle persone coinvolte, ma “il livello di richieste ha superato quello degli scorsi anni”, confermano gli uffici scolastici territoriali.

Il Dpcm del 3 dicembre 2020 prevede che, nonostante i divieti, dal 21 dicembre al 6 gennaio si possa comunque far rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione. Il problema riguarderebbe chi magari ha trasferito la residenza a Milano e ha la famigli a Napoli oppure il ricongiungimento tra coppie di fatto e altri casi di questo genere.

A chiedere ufficialmente che ci si occupi della questione è stato il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli: “E’ evidente che non si possono far saltare agli studenti gli ultimi due giorni di scuola prima delle vacanze natalizie e allo stesso tempo non è giusto che dei lavoratori restino bloccati. Servirebbe una deroga al Dpcm per questi insegnanti e questi bidelli. Si tratta di un’eccezione ammissibile visto che non stiamo parlando di milioni di persone”.

A protestare contro i presidi, gli unici che possono decidere in merito alle ferie, è invece Pino Turi, segretario nazionale della Uil Scuola: “Questi docenti sono cornuti e mazziati. Oltre a doversi spostare al Nord per lavoro sono ora costretti a rinunciare a rientrare dai loro cari. Non criminalizziamoli ma cerchiamo soluzioni. La risposta burocratica non è accettabile, siamo di fronte ad un problema sociale”. Per Turi serve una deroga al Dpcm, ma allo stesso tempo ricorda i diritti dei lavoratori: “Abbiamo un istituto sindacale che consente che per motivi di famiglia o personali di chiedere dei permessi fino a nove giorni l’anno; retribuiti per chi è di ruolo e non retribuiti, purtroppo, per i precari. I presidi non possono opporsi a meno che non via sia una concentrazione di richieste in una sola scuola”.

Sulla stessa linea Anna Maria Santoro, della segreteria nazionale della Flc Cgil: “C’è il contratto e ci sono gli strumenti ordinari. E’ un problema che esiste da sempre. Il preside lo gestisce. E’ chiaro che se tutti i bidelli hanno chiesto il permesso non si può certo chiudere la scuola”. E sulla questione dei permessi Giannelli ribadisce: “Ci troveremmo comunque con classi senza docenti e poi non è giusto che i precari perdano giorni di stipendio”.

Al ministero dell’Istruzione per ora nessuno apre bocca sulla questione, ma chiedono prudenza. Su questo tema la palla passa nelle mani degli uffici scolastici regionali e territoriali dove buttano acqua sul fuoco. “Non esiste alcuna difficoltà. Qualcuno ha un atteggiamento pretestuoso. Chi sta facendo didattica a distanza – spiega la dirigente dell’Usr Lombardia – può partire anche il 19. I dirigenti scolastici sono i datori di lavoro e hanno gli strumenti per intervenire. Non devono sentirsi più buoni perché è Natale, ma mettere testa e cuore nel prendere le decisioni”. Dal Veneto, la direttrice Carmela Palumbo fa sapere che il “problema per ora non è un’emergenza”. E avanza qualche soluzione: “Si possono recuperare le ore. Per i collaboratori si può trovare una soluzione con le turnazioni”.

Chi non nasconde che il problema esiste è Stefano Versari, a capo dell’Usr dell’Emilia Romagna. Nemmeno lui che non ha peli sulla lingua, parla di “fuga di massa” ma ammette che “nel primo ciclo il livello di richieste ha superato quello degli scorsi anni. Finora il tutto è stato gestito con piani ferie organizzati in anticipo definendo prima i criteri in base ai quali regolare la questione”.

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