«All’inizio una parte della politica ha tentato di utilizzare la scienza come un juke box da cui poter selezionare una canzone a piacimento. Ma la ricerca, per poter garantire affidabilità, richiede tempo e metodo». Così Elena Cattaneo, biologa, farmacologa, senatrice a vita per meriti accademici, riassume il cortocircuito fra scienza, politica e media nell’Italia piagata dall’epidemia di Covid-19. L’intervista è contenuta il una lunga inchiesta su FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez (guarda il video di presentazione), in edicola da sabato 12 dicembre e dedicato a negazionismi e complottismi, sul Covid e non solo.

Perché il juke box di cui parla la senatrice Cattaneo è andato in tilt: sotto i riflettori di stampa e tv, virologi, infettivologi, rianimatori, ematologi, epidemiologi hanno iniziato a contraddirsi e a insultarsi su tutte le questioni fondamentali: mascherine, tamponi, lockdown, persino sulla gravità stessa dell’epidemia e sull’affidabilità dei vaccini annunciati. E se la scienza si divide, i negazionisti gongolano: fra la prima e la seconda “ondata”, gli italiani che ripongono fiducia negli esperti sono crollati di 23 punti, dal 72 al 49% ci dice Observa, osservatorio indipendente su scienza e società. «È possibile che abbia pesato questa sovraesposizione con pareri talvolta dissonanti, che riflette una debolezza e un vuoto lasciato dalla politica», spiega il direttore Massimiano Bucchi, sociologo dell’Università di Trento.

L’inchiesta di FQ MillenniuM passa in rassegna le risse e le contraddizioni degli esperti inervistati da giornali e tv. Non c’è solo il celebre “virus clinicamente morto” di Alberto Zangrillo. A fine gennaio Matteo Bassetti, direttore delle Malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova dichiarava il suo stupore per “tutto questo interesse sul coronavirus”, mentre a marzo la virologa Ilaria Capua diceva in tv che lei la mascherina non la portava, meglio lasciare le poche che c’erano “al personale sanitario”. E poi le continue pubbliche liti fra camici bianchi: Zangrillo contro il “sessantottino” Massimo Galli sulle chiusure per arginare l’epidemia, gli scontri fra Giorgio Palù e “lo zanzarologo” Andrea Crisanti sul ruolo degli asintomatoci, e poi Roberto Burioni contro Palù e contro Maria Rita Gismondo, e poi tutti contro Crisanti per le sue critiche all’iter dei vaccini anti Covid… E così via, come nel riassunto delle puntate precedenti di Beautiful.

Ma la scienza non deve darci “certezze”, come lasciava intendere Burioni nei suoi celebri scontri sui social con i No-Vax? Il punto è che il singolo scienziato non è “la scienza”, che le sue dichiarazioni hanno un valore assai diverso dai risultati di studi verificati e pubblicati, e questo è sempre più vero man mano che ci si allontana dai settori di specializzazione di chi viene intervistato. Lo spiegano a FQ MillenniuM interlocutori come Holden Thorpe, direttore di Science: «Un conto è riportare correttamente le evidenze scientifiche disponibili, un conto è esprimere le proprie opinioni».

Nel caos, a rimanere indietro è stata la politica, che «ha ridotto la complessità del problema trincerandosi dietro le decisioni dei tecnici», commenta Alessandro Allegra, cofodatore del gruppo Scienza in Parlamento, che propone di dotare le nostre assemblee legislative di un Ufficio di consulenza e documentazione scientifica permanente e indipendente, come avviene per esempio nel Regno Unito con il Post (Parliamentary Office of Science and Technology). Il governo si è affidato al Comitato tecnico-scientifico coordinato da Agostino Miozzo: «In una prima fase si limitava a reiterare le decisioni prese dal Comitato, ma senza renderne pubblici analisi e motivazioni, esponendosi all’accusa di non fare vere scelte politiche». Nella seconda, invece, «le decisioni sono diventate principalmente politiche, in particolare sulle chiusure delle regioni».

LEGGI L’INCHIESTA COMPLETA SU FQ MILLENNIUM IN EDICOLA DA SABATO 12 DICEMBRE

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