Cinema

Franco Giraldi morto, addio al regista che si fece chiamare Frank Garfield per girare i western

Era ospite di una casa di riposo per anziani ed ufficialmente è deceduto in seguito alle complicazioni per Covid-19

di Davide Turrini

Se n’è andato Franco Giraldi. Aveva 89 anni. Era ospite di una casa di riposo per anziani ed ufficialmente è deceduto in seguito alle complicazioni per Covid-19. Regista gentile, uomo di grande cultura, esordiente dietro la macchina da presa e subito al successo casuale grazie agli western, intellettuale triestino impregnato di quel magma culturale e storico tra Carso e Istria come gli amici, e in parte colleghi, Tullio Kezich, Claudio Magris, Callisto Cosulich. Fu proprio quest’ultimo sul finire degli anni ’40, quando Giraldi era ancora un liceale, a cedergli la direzione di un sofisticato circolo di cinema di Trieste.

Sempre Cosulich lo aiutò quando Giraldi si trasferì a Roma a 21 anni nel conoscere l’ambiente della critica cinematografica, del giornalismo e infine della produzione di film. Dapprima Giraldi entrò all’Unità, grazie al regista Elio Petri, poi dopo diverse interviste a star del cinema italiano, finì ad essere il regista della seconda unità di Per un pugno di dollari su cui, come molti ricorderanno, nessuno avrebbe mai scommesso una lira, ma che diventò uno dei più grandi successi di tutti i tempi. Così come Sergio Leone si era spacciato da americano con il nome d0arte Bob Robertson, anche Giraldi si fece chiamare Frank Garfield, in onore dell’amato John Garfield, ma un errore degli stampatori delle locandine lo fece diventare Frank Grafield. Nel 1966 dopo l’addio di Leone alla Jolly film, Giraldi come Grafield accetta la regia di 7 pistole per i MacGregor, spaghetti western all’ennesima potenza che sfonda al botteghino e richiede a Giraldi sempre nello stesso anno Sugar Colt, poi nel ’67 altri due spaghetti western: 7 donne per i MacGregor e Un minuto per pregare, un minuto per morire. Nel 1968 dirigerà una commedia con Ugo TognazziLa bambolona – e con l’attore cremonese proseguirà un sodalizio fino al 1971 con Cuori solitari e La supertestimone.

Nel 1972 dirige Gigi Proietti e Monica Vitti ne Gli ordini sono ordini tratto da Moravia. Successivamente trarrà spunto da diversi autori dell’area triestina come Giani Stuparich per la regia di uno sceneggiato Rai nematicamente importante, Un anno di scuola (1977) dove si racconta la storia della prima ragazza che entra far parte di una classe maschile di un liceo classico di Trieste nel 1929. Vicino al Partito Comunista Italiano, firmerà assieme ai colleghi dell’area comunista (Bertolucci, Lizzani, Pontecorvo, Scola, tra gli altri) due documentari cult per la sinistra italiana: La morte di Enrico Berlinguer (1984) e Un altro mondo è possibile su Genova 2001.

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