L’Italia si esprimerà a favore della riforma del trattato istitutivo del Mes perché un eventuale veto non sarebbe “coerente” con la risoluzione del Parlamento del dicembre 2019 e avrebbe “ricadute negative” anche sui mercati. Sono le conclusioni a cui è arrivato il ministro Roberto Gualtieri durante il collegamento con le commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato per riferire sulla riforma in vista dell’Eurogruppo allargato che dovrà dare il via libera. Il sì alla riforma, ha chiarito il titolare del Tesoro, non ha nulla a che vedere con l’effettivo utilizzo della linea di credito pandemica del Fondo, a cui il Movimento 5 Stelle resta strenuamente contrario e su cui ogni decisione “dovrà essere approvata dal Parlamento”. Il capo politico M5s Vito Crimi ha concordato: “Non intendiamo adottare un approccio ostruzionistico e non impediremo l’approvazione delle modifiche al trattato, rispetto alle quali pure non mancano i rilievi, così da consentire ad altri paesi l’eventuale ricorso allo strumento”. Il Movimento “ribadisce la sua assoluta contrarietà all’uso del Mes”. E proprio lunedì il premier Giuseppe Conte in un’intervista al Corriere della Sera ha affermato che “Il Mes non ci serve, l’Italia non ne ha bisogno”.

Il titolare del Tesoro ha rivendicato che l’Italia ha ottenuto di inserire la riforma in una “logica di pacchetto” insieme all’introduzione anticipata, dal 2022, del “common backstop“, cioè una rete di sicurezza per il settore bancario in caso di crisi. E ha portato a casa “revisioni in senso migliorativo” del testo. Il raggiungimento di un accordo, ha detto, “è di importanza strategica per il rafforzamento dell’unione bancaria e fornire un’ulteriore rete di sicurezza alla stabilità finanziaria”. Inoltre durante la crisi da Covid l’Unione europea è diventata più solidale, ha approvato i prestiti Sure per finanziare la cig e il maxi fondo Next Generation Eu (ora però bloccato dai veti di Ungheria e Polonia) mettendo al centro la Commissione e il processo comunitario, cosa che “ridimensiona critiche e dubbi”.

Dopo l’accordo politico in seno all’Eurogruppo, la firma è prevista per il prossimo 27 gennaio “e il Parlamento potrà ovviamente dire quello che vorrà nell’autorizzarla”. Prima di quella data i capi di Stato e di governo ne discuteranno al prossimo Consiglio del 10 e 11 dicembre, appuntamento cruciale per il governo italiano perché il 9 dicembre in Parlamento si voterà una risoluzione in cui il M5s vorrebbe inserire che l’Italia non ha intenzione di chiedere il discusso prestito per il sistema sanitario. Escluderne l’utilizzo è però inammissibile per Pd, Iv e Leu. Anche le opposizioni sono divise, con FI a favore e Lega e Fratelli d’Italia secondo cui “è un cappio” per l’Italia.

M5s: “Assurdo modificarlo solo su alcuni appunti”. Borghi (Lega): “Gualtieri diffidato” – Dai parlamentari collegati in audizione, compresi quelli di maggioranza, sono arrivate critiche e dubbi. Per la senatrice del Movimento 5 Stelle Laura Bottici “parlare ancora di modificare il Mes solo su alcuni punti è assurdo. Le modifiche proposte in sede europea quasi un anno fa erano e rimangono sbagliate. Il mondo è cambiato, l’Europa è cambiata”. Il leghista Claudio Borghi ha “diffidato ufficialmente e formalmente” Gualtieri dall’approvare la riforma e dal sostenere che sull’approvazione ha il sostegno del Parlamento, aggiungendo che “non abbiamo ancora il nuovo testo”. Che però come ricordato da Gualtieri è disponibile anche sul sito del Senato con le due versioni prima e dopo le modifiche. Mancano invece alcuni documenti di secondo livello “perché non sono ancora stati finalizzati, lo saranno oggi”, ha chiarito il ministro, rispondendo anche a Renato Brunetta, responsabile economico di Forza Italia, che ha chiesto di “conoscere per deliberare”. E, ha detto, “io osservo la mancanza di informazione, non tanto sulla riforma Mes ‘prima fase’, quanto sulle nuove implementazioni che rappresenterebbero, se attuate, un passo in avanti rispetto al passato. Su questo vorremmo vedere i documenti, gli atti e i materiali, che attualmente non sono ancora a disposizione del Parlamento”. Stefano Fassina di LeU ha definito “insensato sostenere che approviamo la revisione del Mes, ma non lo utilizziamo. Il danno deriva dalle modifiche normative che aggravano il rischio di ristrutturazione del debito pubblico e connesso programma della Troika“.

Anticipo della rete di protezione comune è “opportunità” – Gualtieri dal canto suo ha insistito sui risultati positivi ottenuti dall’Italia durante i negoziati sul nuovo trattato e sul suo contesto. “Originariamente gli interventi erano in sequenza: riforma Mes, valutazione dei rischi, introduzione anticipata del common backstop. Ora invece grazie anche l’iniziativa italiana questi tre momenti coinciderebbero. L’introduzione del common backstop nel 2022 avverrebbe in un contesto di valutazione positiva dello stato di salute del sistema bancario europeo e italiano. E’ un’opportunità da cogliere” perché porterebbe “ad escludere altre misure restrittive o penalizzanti per le nostre banche“. Il ministro non ha mancato di sottolineare che “i rischi non sono solo gli Npl (crediti deteriorati, ndr) ma anche la composizione degli attivi che possono includere anche elementi opachi , i cosiddetti level two e level three“. Un riferimento indiretto ai bilanci di istituti come la tedesca Deutsche bank. Dunque “ci impegneremo perché le decisioni su tutto il pacchetto siano prese oggi e perché i due processi di firma e successiva ratifica del trattato Mes e dell’emendamento di riforma di backstop siano avviati insieme”, ma anche perché “i contributi Edis (l’assicurazione comune sui depositi bancari, ndr) non siano legati alla quantità dei titoli di Stato contenuti nei bilanci bancari”.

Con la modifica del trattato, le risorse del Mes potranno essere usate per sostenere il Fondo di risoluzione unico finanziato dal sistema bancario in caso di risoluzione di un istituto. Le risorse a disposizione del Fondo potrebbero risultare insufficienti in caso di crisi sistemica: di qui la necessità di una “rete” pubblica per ridurre il rischio che l’eventuale crisi di una grande banca avvenga in modo “disordinato”, creano instabilità. L’Italia ha sostenuto fin dall’inizio delle negoziazioni sul meccanismo di risoluzione unico la necessità di prevedere un backstop coinvolgendo il Mes. La riforma prevede che sia introdotto al più tardi entro la fine del 2023, con possibilità appunto di un anticipo a fronte di progressi sul fronte della riduzione dei rischi bancari. Anticipo su cui l’Eurogruppo potrebbe appunto concordare oggi.

Le modifiche sui prestiti e il nodo della ristrutturazione del debito – Il ministro ha poi passato in rassegna gli altri aspetti della riforma, dall’assistenza finanziaria al nodo della ristrutturazione del debito. La riforma ribadisce che per la concessione di prestiti serve la preventiva valutazione di sostenibilità del debito e vi affianca il criterio della capacità di ripagare il prestito: verifiche che Mes e Commissione dovranno svolgere con un “margine di discrezionalità sufficiente”. Nel caso dei prestiti precauzionali ai Paesi il cui debito non è sostenibile non sarebbe più richiesta la firma di un Memorandum ma solo di una lettera di intenti. Invece i paesi che, pur avendo dei fondamentali economici sani, non rispettano tutti i criteri stabiliti, potranno ottenere una linea di credito “rafforzata”, con memorandum. Inoltre cambia la disciplina delle cosiddette “clausole di azione collettiva” che si attivano in caso di default: nel caso in cui un Paese decida di ristrutturare il debito, per il via libera sarebbe sufficiente un’unica deliberazione dei possessori dei titoli pubblici. Secondo gli oppositori della riforma il solo fatto di evocare la ristrutturazione mette a rischio i Paesi con debiti molto alti.

“Su valutazione di sostenibilità del debito non cambia nulla” – Secondo Bankitalia, “come già avvenuto con l’introduzione delle Cac attuali nel 2013, questa modifica − che non aumenta la probabilità di un default ma riduce l’incertezza relativa al suo esito − potrebbe favorire un calo dei premi per il rischio sul debito sovrano” e “il coinvolgimento del settore privato che rimane strettamente circoscritto a casi eccezionali“. Gualtieri ha sottolineato che non è “in alcun modo richiesta una ristrutturazione del debito per l’accesso”, “spetta allo Stato decidere se attivare le cac, come farlo e come raggruppare titoli e sottotitoli. Per quanto riguarda l’analisi della sostenibilità del debito è stato concordato il principio per cui sia condotta in maniera trasparente e indipendente dalla Commissione in accordo con il Mes che valuterà la capacità di rimborso. Da questo punto di vista non cambia nulla perché è già così nel trattato“, al “Mes non sono assegnati compiti di sorveglianza fiscale” e “i meccanismi decisionali restano immutati”, perché “ai ministri delle finanze che siedono nel board spetterà l’ultima parola su tutte le decisioni rilevanti”. Il Mes, va ricordato, è guidato da un Consiglio dei governatori composto dai 19 ministri delle finanze dell’area dell’euro, che assume all’unanimità tutte le principali decisioni, incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria. Inoltre il ministro ha ricordato che “per l’Italia e per tutti gli alti stati membri di recente Commissione Ue, Bce e Mes hanno fatto una valutazione sul debito per i criteri di ammissibilità alla linea pandemica del Mes, e il nostro debito è stato giudicato sostenibile”.

“Rispettata la risoluzione del dicembre 2019” – Gualtieri infine ha specificato che “siamo ampiamente nel perimetro e anche al di là della risoluzione di maggioranza approvata dal Parlamento” nel dicembre 2019, che chiedeva tra l’altro di proseguire nella logica di “pacchetto” con unione bancaria e garanzia dei depositi e chiedeva ovviamente di “escludere qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico“ nonché “interventi di carattere restrittivo sulla detenzione di titoli sovrani da parte di banche e istituti finanziari e ponderazione dei rischi dei titoli di stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale“. Quanto alla richiesta di “proporre nelle prossime tappe del negoziato sull’Unione bancaria l’introduzione dello schema di assicurazione comune dei depositi (Edis) e di un titolo obbligazionario europeo sicuro (cosiddetto common safe asset – ad esempio eurobond)”, secondo il ministro questo risultato deve considerarsi visto che la Commissione emetterà titoli comuni per finanziare il Recovery fund.

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