La proposta del presidente del consiglio regionale piemontese, Alberto Cirio, ha il pregio di rendere noto quanto sia importante l’apertura di un dibattito sulla tassazione e sulla regolamentazione dei perimetri di attività dei giganti del Web e dell’e-commerce. Viene proposto l’innalzamento della digital tax dal 3% al 15%. I proventi andrebbero ai piccoli dettaglianti e alle attività di prossimità falcidiate dall’e-commerce.

Gli spazi per regolare il potere contrattuale di queste attività sono purtroppo minimi. Le aziende hanno oramai acquisito una forza enorme, sarà difficile far loro pagare le giuste tasse e regolarne l’attività. L’obiettivo è il conseguimento di equità, di tassazione progressiva e far cessare l’abuso di posizione dominante. Prioritariamente il tema va affrontato a livello europeo per ridisegnare le regole, non vaghe cornici entro cui permettere lo svolgersi delle loro attività. Poi ci sono gli stati nazionali che, a loro volta, sono chiamati a definire dei perimetri regolatori.

Se il Piemonte vuol fare davvero una politica attiva di protezione e rilancio delle piccole attività di vendita e artigianali può disporre di più di uno strumento. Si tratta di programmare uno sviluppo contenuto di centri logistici e di magazzini di stoccaggio dove si assicurano rifornimenti, lo stoccaggio, la movimentazione e la distribuzione delle merci. L’e-commerce, come la grande distribuzione, per funzionare ha bisogno di centri logistici, invadendo ogni giorno le strade italiane con Tir e furgoncini. Queste strutture sono cresciute come funghi in tutta Italia consumando suolo, congestionando aree periferiche e snaturando interi territori.

La regione può anche, sebbene in grande ritardo, mettere mano e cercare di frenare tale fenomeno, per dare tempo a una rigenerazione urbana dei centri storici, dei piccoli paesi già svuotati dai supermercati e dalla grande distribuzione. La pandemia ha dato un nuovo impulso allo sviluppo dell’e-commerce e ai colossi del Web come Amazon, Google, Facebook ecc. Anche la competitività dei prezzi praticati è stata motivo del suo evidente successo commerciale.

Lo sviluppo ha causato distorsioni della concorrenza in Italia e in Europa. La Ue ha finalmente aperto due indagini nei confronti di Amazon. La prima riguarda la distorsione l’abuso di posizione dominante nei confronti dei venditori indipendenti (sono gli artigiani e le piccole imprese che cercano un’ancora di salvataggio dal loro stesso “carnefice”!) che utilizzano la stessa piattaforma di e-commerce, usando le informazioni raccolte ma non condivise. La seconda indagine è relativa alla fornitura da parte di Amazon di servizi logistici agli stessi venditori indipendenti. Secondo la Commissione Europea, Amazon fornirebbe un trattamento preferenziale ai venditori che usano i suoi servizi.

Fermare questo processo oggi è difficile, basti pensare che Amazon ha stretto un accordo con Poste Italiane per la distribuzione dei pacchi. Il veicolo dell’invasione di Amazon è lo Stato italiano. Il monopolio pubblico è stato condiviso con il colosso privato. I contratti di lavoro delle aziende private di distribuzione sono spesso inesistenti. Emerge un grande buco nero nella normativa che dovrebbe regolare il settore in questa fase di sviluppo, sia europea che nazionale.

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