La Liga Veneta nelle mani di Matteo Salvini, il segretario che ha modellato a sua immagine e somiglianza gli statuti prima di Lega Salvini Premier, il nuovo partito sovranista nato sulle ceneri della Lega Nord, e poi gli statuti delle articolazioni regionali, come quella del Veneto. Basta leggere quei documenti per capire che il futuro della Liga Veneta sarà deciso dal Capitano, che ha gli strumenti, anche giuridici, per comandare a bacchetta, alla faccia del 76 per cento dei voti raccolti dal governatore Luca Zaia appena due mesi fa. Basterà, infatti, che confermi le dimissioni annunciate da Lorenzo Fontana, ex ministro e deputato, nonché vicesegretario federale e segretario-commissario della Liga Veneta, perché la palla passi a Salvini.

Alcuni giorni fa Fontana, promosso a nuovi incarichi federali, aveva dichiarato di volersi mettere da parte, indicando perfino il suo successore in uno dei “bravi giovani” allevati nella scuderia leghista. Poi però, quando Zaia ha fatto capire di non aver gradito, essendo stato messo di fronte al fatto compiuto di una decisione presa a Milano, Fontana ha fatto dietrofront. O per lo meno ha fatto capire che può ripensarci. Dipende da Salvini, cui spetta la decisione. In un’intervista ha dichiarato: “Non penso che Salvini voglia fare una cosa punitiva. Anzi sono convinto che si andrà avanti nella continuità. Conoscendo Salvini, l’ipotesi del commissariamento non c’è. Matteo ha rispetto per il Veneto, lo considera un bastione importante. Dobbiamo fare gioco di squadra, il nostro unico nemico possiamo essere solo le divisioni interne che in questo anno e mezzo credo di avere diminuito”. Ma alla domanda cruciale, se rimarrà o meno, Fontana ha risposto: “Vedremo cosa dice Matteo, magari mi dice vai avanti”.

Insomma, basta che Salvini decida di staccare la spina e il Veneto avrà un nuovo commissario, facendo crescere i malumori nella base in quello scontro a distanza infinito con i lumbard che negli ultimi anni la popolarità nazionale di Zaia ha trasformato in un corpo a corpo tra governatore veneto e segretario milanese. Anche perché i due sono divisi dalla visione politica: Zaia accarezza l’autonomia della sua regione, Salvini vuole conquistare l’Italia.

L’articolo 31 dello statuto della Lega Salvini Premier non lascia ombra di dubbio: “Il controllo sugli organi delle delegazioni territoriali e delle articolazioni territoriali regionali è fatto in conformità al principio secondo cui gli organi di livello superiore controllano gli organi di livello inferiore”. Il federale controlla il regionale. E subito dopo: “In situazioni di particolare urgenza, compreso il caso di dimissioni del Segretario di una articolazione regionale (…) il Segretario di livello superiore può nominare, con efficacia immediata, un commissario”. In conclusione, se Fontana si dimette, Salvini sceglie il commissario, senza dover consultare il direttorio composto da Fontana, Zaia, la parlamentare Erika Stefani, l’assessore regionale Roberto Marcato e il vicepresidente del consiglio regionale Nicola Finco.

Una situazione imbarazzante, soprattutto alla luce del quasi 77 per cento di voti che Zaia ha raccolto a settembre, dimostrando di essere il leader indiscusso in Veneto. Il problema è il partito che il segretario vuole controllare. Fontana è un suo uomo, e le dimissioni annunciate dimostrano proprio questo, di essere la longa manus di Salvini, il quale evidentemente vuole lanciare un segnale a Zaia e alla galassia leghista. In altre parole: “Chi comanda sono io”.

SALVIMAIO

di Andrea Scanzi 12€ Acquista
Articolo Successivo

Zone rosse, le Regioni insistono: rivedere i criteri. Boccia: “Non si toccano”. Ma garantisce un tavolo per un “rigoroso confronto”

next