“Ma cosa c’entra Gino Strada. La Calabria è una regione dell’Italia, non abbiamo bisogno di medici missionari, non ne abbiamo necessità”. Il presidente facente funzione della Calabria, Nino Spirlì, commenta così l’ipotesi di Palazzo Chigi di affidarsi al fondatore di Emergency per rimettere in sesto la sanità della Regione. “Abbiamo bisogno che in Calabria, dove ci sono fior di professori, si cerchi qui chi si deve occupare della sanità calabrese. Non abbiamo bisogno di essere schiavizzati nella nostra sanità”, spiega a Tagadà su La7. Poi attacca l’esecutivo: “Ora basta, è una vergogna a cui il governo deve mettere fine. Non abbiamo bisogno di geni che vengono dalle altre parti del mondo, men che meno del professore Strada”.

La necessità di affidarsi a una personalità di alto livello è emersa dopo che l’ex commissario in Regione, il generale Saverio Cotticelli, è stato licenziato in fretta e furia dopo aver “scoperto” su Rai3 di essere lui a dover realizzare il piano Covid per la Calabria. Subito dopo è stato nominato Giuseppe Zuccatelli, uomo vicino a Bersani ed ex candidato con Liberi e uguali nel 2018. Ma nel giro di poche ore è finito a sua volta al centro delle polemiche a causa di una serie di frasi che sminuivano l’utilizzo delle mascherine e che il neo-commissario ha pronunciato solo a maggio scorso. Il video ha quindi spinto i parlamentari M5s eletti in Calabria a sottoscrivere un appello per sconfessarne la nomina. Al suo posto, sono state le Sardine a proporre per prime il nome di Gino Strada. L’idea è stata rilanciata dal presidente della commissione Antimafia Nicola Morra ed è piaciuta anche a Palazzo Chigi, tanto che il premier Conte ieri ha telefonato al fondatore di Emergency per sondare la sua eventuale disponibilità. “Può essere un buon nome per rafforzare la squadra”, ha chiarito lo stesso Conte in un’intervista a La Stampa.

Che la poltrona di Zuccatelli sia traballante lo conferma la sottosegretaria alla Sanità Sandra Zampa. “La discussione su Zuccatelli è in corso, perché ha detto delle cose completamente fuori luogo e sgradevoli anche per come sono state formulate”, ha dichiarato a Otto e mezzo su La7. “Penso che lui faccia molto bene a mettere a disposizione le proprie dimissioni, che sarebbero evitabili solo se riuscisse a ricucire la fiducia con i cittadini calabresi, dal momento che la sua autorevolezza è ormai lesionata in maniera sufficientemente grave da dover lasciare“.

Resta ora da capire come saranno accolte le sue dichiarazioni e quelle del presidente Spirlì, che accusa Cotticelli e Zuccatelli di aver fatto “la giostra televisiva“. Nel frattempo, dal question time alla Camera del ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà emergono i primi dettagli sulla vicenda che ha coinvolto l’ex commissario Cotticelli. Il Piano di riorganizzazione della rete ospedaliera per l’emergenza Covid della Regione, ha rivelato il ministro, in realtà “è stato adottato dalla struttura commissariale” guidata da Cotticelli con un apposito provvedimento datato 18 giugno 2020. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che la Calabria si fosse dotata di un piano anti-Covid, poi “approvato dal ministero della salute il 3 luglio 2020 e trasmesso al Commissario straordinario per l’emergenza il successivo 6 luglio”. Cosa prevede? “Un incremento di 134 posti letto” per rispettare lo standard fissato dal governo a maggio (0,14 posti letto per 1.000 abitanti). Il problema è che per arrivare a quella soglia è stato fatto poco o nulla. Cotticelli ha scoperto solo alcuni giorni fa, davanti alle telecamere di Titolo V (RaiTre), che la realizzazione operativa del piano spettava proprio a lui. Il quesito su chi fosse il soggetto attuatore era stato sollevato dallo stesso generale al ministero prima dell’estate: la risposta è arrivata il 27 ottobre, ma Cotticelli ne è venuto a conoscenza solo durante l’intervista con il giornalista della Rai.

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