Bugie per difendere la linea di Autostrade. E per tutelare l’allora amministratore delegato, Giovanni Castellucci. C’è anche questo retroscena nelle carte dell’inchiesta di Genova che oggi ha portato ai domiciliare il top manager e due ex dirigenti e all’interdizioni altri tre funzionari. A parlare in una intercettazione captata dagli uomini della Guardia di finanza Paolo Berti, ex direttore centrale operativo dell’azienda. Al processo per la strage di Avellino, dove il 28 luglio 2013 un bus precipitò da un viadotto dell’A16 uccidendo 40 persone, in primo grado Berti si era beccato sei anni, ma tra gli assolti c’era proprio il numero uno. Una assoluzione arrivata, stando alle conversazioni, grazie a una serie di menzogne sull’incidente che provocò 40 morti, tre di meno del Ponte Morandi. È l’11 gennaio del 2019 è Berti parla al telefono con Michele Donferri Mitelli, ex responsabile manutenzioni, finito anche lui ai domiciliari.

Berti è agitatissimo e secondo il giudice per le indagini preliminari, Paola Faggioni, “dalla conversazione si comprende che nell’ambito di quel procedimento, non ha riferito la verità per difendere la ‘linea aziendale’ condotta che ha contribuito all’assoluzione di Castellucci e che quest’ultimo evidentemente interessato al fatto che Berti mantenga tale impostazione e non cambi linea difensiva nei successici gradi del giudizio ha incaricato Donferri di tenerlo tranquillo e di rassicurarlo del suo futuro aiuto”. E Donferri nella conversazione rivela “perché ha chiesto una mediazione con te ti vuole rasserenare che ti aiuterà per tutta la vita ti vuole dire questo messaggio”. Donferri incoraggia Berti a fare” tesoro dell’attuale momento. Rivendica quello che devi rivendica”. Del resto chi parla non è coinvolto nei fatti di Avellino, ma con Castellucci e lo stesso Berti è indagato per la strage del Ponte Morandi. “Hai capito Paole’ … questo però, che tu sia stanco non è chi, gli puoi… imputa’,, lui che ci sono quarantrè morti de là .. quaranta de qua. Stamo tutti sulla stessa barca”. Poco dopo Berti parla con la moglie e continua il suo sfogo: “Siccome le memorie difensive … diciamo .. abbiamo dovuto difendere la linea la linea la linea la linea, alla fine qualcuno ci è andato di mezzo capito? Quelli piccoli per un modo, quelli alti per un modo. E siamo rimasti in mezzo. capito? Ma questa è la vita, capito?”.

Poche ore dopo Donferri richiama e, scrive il giudice nell’ordinanza, si apprende che ha incontrato Castellucci. Il mediatore ricorda al collega che anche se avesse detto la verità e non avesse coinvolto l’allora ad la situazione non sarebbe cambiata. “Mò, indubbiamente, questo cosa qua non è che. .. tu non pensare che se se coinvolgevi pure lui a te non te li davano, è questo il tema. Questo glielo devi far pesare, come l’ho fatto pesare io oggi. Ora, io sto dicendo tu .. il tuo obiettivo è salvaguardare il rapporto con lui, è l’unica speranza che hai, da qui al futuro perché ti darà tutto nel senso di condividere la strategia, condividere le cose. almeno quello poi, state insieme per l’altro processo. State insieme per l’altro processo (Ponte Morandi, ndr)”. Il 14 gennaio Donferri torna alla carica perché Berti continua a essere arrabbiato e agitato e confessa di fatto all’interlocutore di aver mentito. “Quello quello veramente è uno che meritava una botta di matto ma una botta dì matto dove io mi alzavo la mattina, andavo ad Avellino e dicevo la verità così l’ammazzavo credimi era … era l’unica soddisfazione che avevo … omissis”. Donferri però insiste: “No ma a te non cambiava niente. Adesso invece ha la speranza di trovare un accordo con sta gente .. che tacciano ma devi trovarlo … questo devi riflettere ora voglio dire Andreotti insegna”.

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