Si entra, si gira tra gli stand, si sfogliano i cataloghi dei prodotti e ci si scambiano i contatti per future relazioni commerciali. Tutto come in una fiera normale, ma senza muoversi da casa. Le fiere di settore puntano sul digitale per tentare di limitare le perdite dell’annus horribilis: la prolungata chiusura imposta dall’emergenza sanitaria ha determinato un calo del fatturato del 70%, e anche la riapertura, a settembre, è stata condizionata dalle regole e dalle difficoltà negli spostamenti, specialmente per chi arriva dall’estero. E ora con l’ultimo decreto si rischia un irrigidimento dei protocolli. Prima della pandemia di coronavirus, il settore fieristico era capace di generare affari per 60 miliardi di euro l’anno e di determinare il 50% delle esportazioni delle imprese. Per non perdere questa opportunità, piccoli e grandi enti fieristici hanno lanciato i loro primi eventi 100% digitali, dal Marmomac di Veronafiere all’Evoo Trends di Fiera di Roma. I vantaggi? Abbattimento dei costi, una visibilità più ampia anche per il pubblico internazionale e una forte presenza online. “Ma questo strumento può accompagnare, non sostituisce l’incontro delle aziende e degli operatori dal vivo”, spiegano dall’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane. Intanto sempre più aziende specializzate in prodotti e servizi digitali si lanciano nel settore: l’idea è che anche una volta finita la pandemia gli eventi digitali rimangano uno strumento per rafforzare la visibilità delle aziende. Oggi per necessità, in futuro per ampliare pubblico e platea di espositori.

Cancellazioni e perdite per oltre il 70% – Dal Salone del Mobile di Milano al Vinitaly di Verona, passando per il Mido (occhiali e affini) e per il Cosmoprof (cosmesi): da febbraio in poi, oltre 180 manifestazioni sono state cancellate o rimandate. Secondo le stime dell’Associazione Esposizioni e Fiere Italiane (Aefi), durante lo stop si è registrato un calo generale del fatturato del 70%, con ricadute anche nell’export. “Prima della pandemia – spiega il presidente Maurizio Danese – il 50% delle esportazioni delle imprese italiane era infatti generato dalla partecipazione alle fiere. Per non parlare poi dell’indotto generato sul territorio e delle filiere collegate, come quella degli allestimenti o delle strutture ricettive”. Le fiere infatti coinvolgono ogni anno 200mila espositori e richiamano 20 milioni di visitatori, anche dall’estero. “Una parziale compensazione – aggiunge Danese – è arrivata con l’inserimento nel Decreto di Agosto di 63 milioni a fondo perduto destinati alle Fiere”. Dopo mesi di stop, il Dpcm di agosto ha permesso la ripartenza da settembre, fermo restando l’obbligo di distanziamento. Secondo i dati di Aefi, nel primo mese di riapertura si sono contate con 47 manifestazioni, di cui 20 internazionali. In totale, otto eventi sono stati completamente digitali.

Le fiere digitali, “meno costi e più presenze straniere” – Per non dover rimandare tutto di un anno – perdendo così enormi occasioni di business – molte fiere si sono trasferite online. Fiera di Roma ha spostato di in digitale tutti i suoi appuntamenti, tra cui di Evoo Trends (sulla filiera olearia) a Welfair (salute e benessere). Anche Veronafiere ha lanciato il suo primo evento 100% online, il Marmomac ReStart Digital Edition, che ha ospitato gli stand virtuali di 210 aziende specializzate in pietra naturale (di cui 111 straniere) e 4.975 utenti, tutti professionisti del settore collegati da 135 nazioni. “Siamo soddisfatti del risultato di questa prima manifestazione completamente digitale – commenta il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani – Il marmo a portata di click piace, in particolare ai visitatori dall’estero che hanno raggiunto una quota del 60%”. Settori diversi, percorsi simili: anche Macfrut, a Cesena, ha presentato la prima fiera digitale nel settore ortofutticolo. “Ma attenzione, non è stato un classico marketplace per mettere in vetrina i prodotti – spiega Renzo Piraccini, presidente di Macfrut – bensì una vera e propria fiera virtuale con espositori reali in stand merceologici, incontri con buyer, forum”. I risultati, dice, sono stati superiori alle attese: “Nella fase di lancio ci eravamo dati l’obiettivo di 200 moduli per 150 espositori, alla fine ci sono stati 530 moduli per 400 espositori”. Altissima la presenza straniera (40%), facilitata dall’assenza di spostamenti. Oltre ai vantaggi (soprattutto economici) il presidente mette anche in luce le difficoltà del salto al digitale: “Francamente non è stato semplice. Molte aziende – specialmente le piccole e medie – sono ancora indietro e il divario si vede soprattutto nella comunicazione”. Una fiera digitale, infatti, comporta un rinnovamento nel linguaggio “che deve essere smart, coinvolgente ed efficace per fare presa sul visitatore professionale”. Esattamente come gli eventi fisici, poi, anche le fiere virtuali vanno preparate: “Non basta avere uno spazio su una piattaforma per essere efficaci: è fondamentale un lavoro preparatorio verso clienti, buyer e operatori”.

Come funzionano le fiere digitali – Una scelta di necessità ma con indubbi vantaggi, spiegano gli organizzatori: costi più bassi e una visibilità praticamente illimitata, che supera facilmente i confini nazionali. “Una fiera online permette di avere una doppia visibilità – spiega Luca Pudia, amministratore delegato di 2Program, azienda specializzata nello sviluppo di siti web ed e-commerce – Anche chi ha difficoltà ad arrivare dall’estero, o semplicemente chi ha qualche riserva a viaggiare per via della pandemia, può fruire dell’evento direttamente dall’ufficio o da casa”. Durante il lockdown la sua azienda ha deciso di studiare un modello di fiera virtuale che verrà lanciato il 1 novembre. “Noi l’abbiamo pensata sul calco di una fiera reale, per non stravolgere l’esperienza dei visitatori”. Si parte da un render, una riproduzione in 3D della mappa della fiera – con gli stand e i percorsi – completamente navigabile (un po’ come succede con Google Street View). All’interno di questo spazio, gli espositori possono prenotare uno spazio esattamente come facevano prima, scegliendo tra diverse tipologie di stand. E i costi, spiega Pudia, sono nettamente inferiori: “C’è un costo di licenza annuale, che viene solitamente sostenuto dall’ente fiera, e poi il costo dello spazio, che varia in base a dimensioni, visibilità, posizione all’interno del percorso. Può oscillare dai 2.500 euro fino ai 10mila”. Gli spazi, come già accade negli eventi tradizionali, vengono rivenduti alle varie aziende in base alle loro esigenze. Per avere un termine di confronto, precisa Pudia, in una fiera tradizionale il range variava dai 30mila ai 50mila euro. In ogni stand degli espositori saranno presenti dei bottoni che tramite una visualizzazione a popup mostrano i contenuti: “Si potranno sfogliare le brochure, scambiare dati di contatto – come succede già nelle fiere – e visitare il sito web”. Nella prima versione rilasciata non è prevista una funzione che permetta ai buyers di acquistare direttamente nell’ambiente virtuale, ma sarà una aggiunta nelle prossime versioni. In più ci sarà un’area convegni in cui verranno trasmessi interventi e conferenze.

Un nuovo settore parallelo – Sono diverse le aziende che stanno investendo nella creazione e nello sviluppo di piattaforme virtuali che permettano di ospitare convegni e fiere, ma questa possibilità non è nata con la pandemia. FieraTv, ad esempio, aveva lanciato il primo evento dedicato alle aziende completamente virtuale già nel 2017, come spiega Fabiana Spagnuolo, responsabile media di AlicomWeb. Uno degli eventi digitali in corso è Expopharmadigital, che sarà online 365 giorni, dando la possibilità alle aziende di entrare in corso d’opera. Il vantaggio è che simili eventi travalicano le frontiere, e i limiti fisici di tempo e spazio: non c’è la necessità di smontare tutto dopo pochi di giorni e di attraversare il Paese per partecipare. “Sono eventi espandibili e multilingue: una volta entrati si può chiedere informazioni ai buyer o sfruttare l’e-commerce del loro sito per fare acquisti”. Dopo il settore farmaceutico, spiega Fabiana, adesso il team di FieraTv sta lavorando sul settore agroalimentare. “Le fiere sono riprese, è vero, ma una versione digitale può aiutare ad ampliare il pubblico ed evitare il crollo di presenze. Nessuno sa cosa succederà in futuro – conclude Spagnuolo – ma è una soluzione che potrà viaggiare in parallelo”. Il settore fieristico – tra i primi ad essere fermato dall’emergenza sanitaria e tra gli ultimi a ripartire – probabilmente vivrà ancora un anno di transizione, spiega, e tornerà a pieno regime solo nel 2022. “Nelle fiere la trasformazione digitale era già in atto – conferma Maurizio Danese, presidente di Aefi – anche perché il digitale aiuta la manifestazione a rimanere viva 365 giorni l’anno: il Covid ha accelerato questo processo”.

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