Non è stato un faccia a faccia diretto e approfondito. Ma il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, in autoisolamento, sono riusciti comunque a vedersi, anche se solo in videoconferenza, per fare almeno un primo punto sul Recovery Plan. Il governo ha così potuto iniziare a sottoporre all’attenzione dell’esecutivo Ue le linee guida del piano italiano, in modo da poter avviare con la Commissione un confronto che porterà entro gennaio alla presentazione ufficiale del Piano, completo in ogni dettaglio, a Bruxelles. E allo stesso tempo ha potuto ribadire la necessità, espressa da Conte, di superare gli intoppi tra Parlamento e Consiglio Ue, fare presto e partire effettivamente il prossimo 1° gennaio. Posizione poi ribadita nel bilaterale con il premier spagnolo Pedro Sànchez: “Abbiamo condiviso una comunanza di visione, l’impegno per una risposta rapida ed efficace al Covid 19 tanto sul piano sanitario che economico. E’ un obbligo morale per i tanti morti di Covid, in omaggio e ricordo per loro e per le generazioni europee. Solo una risposta europea può avviare una ripresa da crisi senza precedenti: ricette nazionali e nazionalistiche non hanno alcune possibilità di garantire soluzioni. Abbiamo ribadito l’auspicio che Next generation Eu parta il primo gennaio 2021, senza ritardi, i nostri cittadini non possono aspettare”.

Con la Von der Leyen, secondo quanto riferiscono fonti di governo, Conte avrebbe discusso delle intenzioni più che dei singoli progetti. Il lavoro portato avanti dal ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola con gli sherpa dei ministeri starebbe proseguendo in vista della seconda fase, di selezione dei progetti. Nel governo c’è chi spinge per accelerare ed entrare nel vivo fin d’ora, nonostante lo stallo in Ue, temendo la complessità del lavoro di coordinamento e selezione. Ma Conte assicura che il percorso sta procedendo col passo giusto e che “tra qualche settimana” il governo “tornerà a chiedere l’avallo del Parlamento”.

Miglioramento della “resilienza” e della capacità di ripresa dell’Italia, riduzione dell’impatto sociale ed economico della crisi pandemica, sostegno alla transizione verde e digitale, innalzamento del potenziale di crescita dell’economia e creazione di occupazione, sono le quattro sfide definite nelle linee guida per trasformare la crisi in un’opportunità. Per farlo il governo avrà a disposizione 15 miliardi, dote del piano Next Generation Eu (che oltre al RRF, Recovery and Resilience Fund, comprende anche i fondi strutturali Ue) ed inserita nella manovra in un apposito fondo di ‘anticipazione’. Una modo per permettere alla manovra di contare non solo sullo spazio di espansione in deficit, pari ad oltre 24 miliardi di euro, ma anche sulle risorse che verranno e che non potranno ufficialmente essere utilizzate prima del via libera, presumibilmente in primavera, della Commissione. Unica eccezione i fondi del React Eu, già disponibili e che la manovra già apposta per coprire con circa 3 miliardi la decontribuzione al Sud, considerata tra gli strumenti utili per migliorare la coesione territoriale.

Gli altri 12 miliardi restano invece ancora tutti da attribuire e potrebbero servire a finanziare misure già annunciate, come prolungamento del superbonus, politiche a favore dell’occupazione femminile o contro il dissesto idrogeologico. In generale, gli interventi dovranno puntare ad accelerare la transizione ecologica (proprio come fa la detrazione al 110%) e quella digitale e ad aumentare la competitività e la resilienza delle imprese (rafforzando ad esempio il piano Transizione 4.0). Sforzi e risorse saranno indirizzati verso gli investimenti pubblici in infrastrutture ma anche in istruzione e ricerca, e non solo grazie alle maggiori risorse a disposizione, ma anche attraverso il miglioramento delle capacità di progettazione, di implementazione e di spesa da parte della pubblica amministrazione, un vulnus questo che – soprattutto a livello locale – impedisce spesso agli stanziamenti di tradursi in progetti concreti.

C’è poi il capitolo fisco. Per ridurre la pressione fiscale, l’anno prossimo il governo metterà sul campo l’assegno unico e il completamento dei 100 euro, poi – nel 2022 – toccherà probabilmente al ritocco delle aliquote Irpef, in parte anche grazie alla revisione dei sussidi ambientalmente dannosi. I “Sad” sono stati spesso indicati, insieme alle altre tax expenditures, come possibile fonte di copertura, ma l’anno prossimo – in una manovra che si promette di non aumentare neanche un euro di tasse – non saranno toccati, prevedendone invece un taglio da 1 miliardo di euro, con equivalente maggiore incasso per lo Stato, nel 2022 e nel 2023.

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