Il ciclismo è uno sport pieno di incognite. Da sempre il successo, di una singola corsa o di una grande gara a tappe è l’inanellarsi armonico di condizioni propizie che parte dalla forza del campione che taglia il traguardo per primo. Tra il “chilometro 0” e la linea d’arrivo c’è una quantità infinita di imprevisti che rendono incerto anche l’esito più scontato. La forma fisica del corridore (che è anzitutto umano), le insidie del percorso, le forature, i guasti meccanici e il meteo rientrano nell’ordinario.

La storia del ciclismo è costellata poi di episodi curiosi o sfortunati: la borraccia sotto le ruote, la chiusura di un passaggio a livello, il selfie invadente di un tifoso, la cinghia di una macchina fotografica che aggancia un manubrio, l’invasione della carreggiata da parte di un animale o di una vettura non autorizzata.

Tutti questi fattori, possono determinare fortune e disgrazie di un singolo ciclista escludendolo dalla corsa per la vittoria o rendendolo campione.

Il Giro d’Italia 2020 convive da due settimane con l’incognita per eccellenza, il Covid-19. Se il Tour de France si è concluso in una fase di contagio più contenuta, la Corsa Rosa combatte con numeri più preoccupanti e che ogni giorno crucciano organizzatori, appassionati e ovviamente ciclisti. Positivi corridori, membri dello staff delle squadre e oggi anche 17 agenti di scorta al “Giro-E”, l’evento cicloturistico che permette agli appassionati di percorrere le stesse tappe dei professionisti anticipandoli nella stessa giornata.

Due squadre hanno già abbandonato il Giro che procede verso Milano dove spera di arrivare domenica 25 ottobre. Le incognite, quelle capitali, sono tutte legate alla terza settimana di gara e vertono su due questioni fondamentali. Il clima e il Covid: il primo potrebbe rendere impraticabili le vette più attese, lo spostamento ad ottobre è stato programmato e sin dall’inizio si è messo in conto il rischio del taglio del passaggio sullo Stelvio alla diciannovesima tappa e sul Colle dell’Agnello alla ventesima. L’eliminazione di queste salite storiche inciderebbe non poco sull’esito finale, incide sin da adesso perché chi le attende per tentare l’assalto alla maglia rosa potrebbe trovarsi senza il trampolino di lancio per cui ha risparmiato energie.

Se non bastasse questo quadro, il progredire dei contagi sembra attorniare la Carovana Rosa e il virus ha evidentemente forato la “bolla”, il protocollo anti-Covid che isola ogni squadra per evitare il contatto con elementi esterni e dunque potenziali contaminazioni. I giorni di riposo dedicati ai tamponi lasciano in eredità stress e preoccupazione sino all’esito. Immaginate se uno dei protagonisti dovesse risultare positivo al tampone di martedì 19 ottobre (ultimo giorno di riposo) a soli sei giorni dalla crono di Milano.

Il Giro, così come ha già fatto il Tour e si appresta a fare la Vuelta che parte il 20 ottobre, hanno scelto di non fermarsi e spero non lo facciano mai. Difendono la loro storia, il movimento che certamente avrebbe subito ripercussioni economiche serie e la gente che se non può popolare stadi e palazzetti può scendere in strada per vedere passare i ciclisti. Pochi secondi di normalità in un mondo anormale, pieno di privazioni e incognite che ci rendono uguali nelle nostre fragilità. Campioni e gregari, tifosi, massaggiatori, giornalisti e organizzatori adesso procedono come funamboli sullo stesso sottile filo rosa, teso fino all’estremo, tra il cielo e il precipizio.

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