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Nessun Jonathan Galindo deve impadronirsi delle emozioni dei nostri figli. Bisogna educare all’uso della rete

Nessun Jonathan Galindo deve impadronirsi delle emozioni dei nostri figli. Bisogna educare all’uso della rete
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di Anna Maria Giannini*

Sabato si sono celebrati i funerali del piccolo di 11 anni morto suicida a Napoli in circostanze non ancora chiarite, apparentemente legate alle insidie della rete. Si parla, nel fascicolo della Procura, di istigazione al suicidio e la denuncia è contro ignoti. Saranno i risultati delle indagini della autorità preposte a fare luce. Le considerazioni che si possono fare al momento si concentrano sulle dinamiche del web, sui problemi cui può andare incontro un bambino di quell’età a contatto virtuale con meccanismi pericolosissimi.

All’età di 11 anni è ancora complesso separare in modo netto la realtà dalla fantasia e la suggestionabilità può essere molto elevata. Generalmente i bambini usano la fantasia per il gioco, per sviluppare le capacità creative e per avvicinarsi sempre più alle fasi in cui la realtà verrà colta nella sua distinzione dal mondo dei sogni e della fantasia. E’ dunque una via facile quella dell’approfittarsi di tali meccanismi per trascinare in modo criminale il bambino con manipolazioni non etiche e strumentali.

In questa area si collocano le sfide in rete, ma anche gli adescamenti, la pedopornografia che sfrutta i minori e la loro immagine. Il mondo della rete affascina bambini e adulti. Al di là del criminalizzare la rete stessa, ambiente invece molto utile se usato correttamente, in modo adeguato e con l’opportuno senso critico (soprattutto nelle età in cui non si è esposti al pericolo senza difese), dobbiamo soffermare la nostra attenzione sulla necessità di educare opportunamente mettendo in guardia dai rischi cui si può essere esposti.

Non è facile: oggi un genitore si trova a fronteggiare dimensioni davvero complicate e complesse. Un tempo bastava sorvegliare i propri figli nell’ambiente fisico, si diceva loro di non intrattenersi con gli sconosciuti, di non esporsi e si fornivano precisi perimetri spazio-temporali per la permanenza fuori casa che comunque avveniva con stretto controllo di luoghi e persone frequentate. Oggi i minori sono esposti ad un mondo aperto e senza confini: molto difficile da controllare. E non è possibile usare misure estreme perché creeremmo un senso di estraneità da un mondo che va in una specifica direzione.

Allora ecco che diviene fondamentale non lasciare sole le famiglie e fare in modo che le agenzie educative convergano e facciano rete nel sostenere un processo educativo di alfabetizzazione cognitiva ed affettiva del digitale. Conoscere i pericoli significa riconoscerli e comprenderne la portata. Se, come si ipotizza, il piccolo della tragedia avvenuta a Napoli si è trovato a gestire qualcosa di più grande di lui, se è stato trascinato in sfide o spinto a gesti estremi in preda al terrore, dobbiamo trarre alcune considerazioni ineludibili, quali la non procrastinabile necessità di porre la massima attenzione a questi rischi.

La Polizia Postale sta svolgendo un ottimo lavoro anche sul piano della prevenzione e lavora moltissimo con le scuole e con gli enti che sono preposti all’educazione. Non è facile perché certi meccanismi sono difficili da individuare e comprendere anche per gli adulti: chi mai avrebbe immaginato dinamiche in cui bambini vengono terrorizzati al punto da cercare la morte in sfide crudeli e cruente? Ecco che occorre rassicurare e proteggere ma anche rendere evidenti quali comportamenti devono destare sospetto e indurre a richiedere l’intervento degli adulti.

E’ molto importante non creare allarme e indurre paura bensì far comprendere che il mondo della rete e dei social è un mondo con le sue attrattive ma, come tutti gli ambienti, anche con rischi e possibili persone con cattive intenzioni, basta cogliere gli indicatori e parlarne con gli adulti. E’ un percorso che devono fare insieme, genitori, agenzie educative, psicologi, polizia postale, anche i media possono fare un ottimo lavoro attraverso una comunicazione finalizzata ed efficace.

Nessuna figura orrendamente trasformata e nessun Jonathan Galindo si devono impadronire delle emozioni più profonde dei nostri bambini. Spiace il collegamento e l’uso criminoso dei bellissimi personaggi Disney che sono da sempre legati a importanti valori educativi attraverso importanti azioni pedagogiche alle quali la Disney ha sempre guardato con attenzione e impegno.

*Psicologa e psicoterapeuta

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