L’unità terapia intensiva coronarica nella clinica Villa Sant’Anna a Catanzaro non è mai entrata in funzione. Eppure, sulla carta, la casa di cura si è fatta rimborsare oltre mille falsi ricoveri. Dal 2013 al 2019, infatti, il Servizio sanitario calabrese ha pagato oltre 10 milioni di euro alla società proprietaria della clinica privata convenzionata con la Regione. L’operazione “Cuore matto” è scattata stamattina all’alba. Su richiesta della Procura di Catanzaro, il gip Gaia Sorrentino ha disposto il sequestro preventivo di 10 milioni 564mila euro alla società “Villa Sant’Anna Spa”.

Da una semplice verifica di iniziativa della Guardia di finanza, eseguita all’inizio del 2019, è venuto fuori che dietro la nota struttura sanitaria, ritenuta centro di riferimento regionale di alta specialità per il trattamento e la cura delle malattie cardiovascolari, c’era una mega truffa per la quale adesso il gip ha interdetto il management della clinica. Le fiamme gialle hanno notificato pure la misura del divieto, per 12 mesi, di esercitare attività professionali o imprenditoriali al legale rappresentante della società Rosanna Frontera e al direttore generale della casa di cura Giuseppe Failla. Il procuratore Nicola Gratteri, l’aggiunto Giancarlo Novelli i sostituti Vito Valerio e Chiara Bonfadini hanno iscritto nel registro degli indagati anche l’ex direttore sanitario Gaetano Muleo e il presidente della commissione aziendale per l’accreditamento sanitario dell’Asp di Catanzaro Domenico De Fazio.

Sarebbe stato quest’ultimo, in qualità pubblico ufficiale incaricato di verificare i requisiti di Villa Sant’Anna, a non effettuare alcun sopralluogo presso la struttura limitando il suo incarico al semplice requisito organizzativo della clinica. La realtà era diversa stando a quanto emerso dall’inchiesta del Nucleo di polizia economica della Guardia di Finanza guidato dal colonnello Carmine Virno. Mentre la Regione pagava i rimborsi per i posti letto dell’unità terapia intensiva coronarica, secondo gli inquirenti il reparto registrava “gravi irregolarità”: l’Utic non era mai stata concretamente avviata, risultando priva di attrezzature conformi agli standard e del personale medico e paramedico adeguatamente preparato e in numero idoneo a garantire turnazione e assistenza “h24”.

Basta pensare che i monitor, a cui dovevano essere collegati i pazienti che richiedevano un monitoraggio continuo e costante dei parametri vitali, prima dell’arrivo della guardia di finanza non erano mai stati accesi dai medici e dagli infermieri di Villa Sant’Anna. I pazienti cardiologici acuti, infatti, venivano assistiti nei reparti di cardiologia o di unità terapia intensiva post-operatoria, mentre i posti letto ufficialmente destinati al reparto “fasullo” ospitavano ricoveri ordinari. Questo non ha impedito alla società proprietaria della clinica di incassare, negli anni, oltre 10 milioni di euro dalla Regione. Il sistema era semplice e ruotava attorno a tre modalità differenti: i falsi ricoveri (5 milioni e 216 mila euro), il budget supplementare ricevuto dagli indagati perché potevano curare i pazienti Utic (3 milioni e 300 mila euro) e il compenso extra previsto per le strutture dotate dell’unita terapia intensiva coronarica che avrebbe dovuto ridurre la mobilità passiva verso le altre regioni d’Italia dei pazienti affetti da gravi patologie cardiovascolari (2 milioni e 42 mila euro). Oltre alla truffa, la Procura contesta agli indagati il reato di “violenza o minaccia per costringere taluno a commettere un reato”. In sostanza Rosanna Frontera, Giuseppe Failla e Gaetano Muleo sono accusati di aver minacciato alcuni medici e infermieri di andare incontro a conseguenze sul piano lavorativo e personale, nel caso in cui non avessero ritrattato o quantomeno rimodulato le dichiarazioni rilasciate agli investigatori circa il mancato funzionamento del reparto.

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