Microsoft ha annunciato oggi la propria volontà di azzerare la produzione di rifiuti dalle attività aziendali entro il 2030 e di non utilizzare più plastiche monouso nelle proprie confezioni, entro il 2025. Si tratta di obiettivi ambiziosi, che vanno di pari passo con l’impegno, comune anche ad altri colossi dell’hi-tech come Apple e Google, di azzerare le proprie emissioni sempre entro il prossimo decennio.

Per raggiungere i propri scopi, il colosso di Redmond compirà una serie di passi, come ad esempio l’istituzione di “Centri circolari” come data center che forniscono i servizi cloud di Azure e Microsoft 365 e che avranno l’obiettivo di facilitare lo smistamento, il riutilizzo e il riciclaggio delle apparecchiature elettroniche, soprattutto per quanto riguarda i server, mantenendole in loco presso le server farm, anziché affidarne lo smaltimento e il riciclo a terzi. La società si è anche impegnata a eliminare gli sprechi dal proprio processo di produzione, investendo inoltre 30 milioni di dollari in Closed Loop Partners, un’azienda che finanzia la ricerca e le aziende che lavorano alla riduzione dei rifiuti attraverso la progettazione, produzione e il riciclo ecologico delle merci.

L’anno scorso le strutture Microsoft nel loro complesso hanno inviato 3.189 tonnellate di rifiuti alle discariche ed è questo il numero che dovrà essere ridotto a zero entro il 2030. Tuttavia, rispetto alla spazzatura proveniente dagli uffici Microsoft, i rifiuti elettronici dei gadget che Microsoft e altri produttori producono annualmente, il cosiddetto e-waste, rappresenta un problema molto più serio per il nostro mondo. Per darvi la misura della questione basti dire che, globalmente, nel 2019 sono stati prodotti 53,6 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, cifra ovviamente destinata a crescere nei prossimi anni e per cui bisogna fare qualcosa presto.

L’annuncio odierno di Microsoft è dunque importante, ma non avrà un impatto decisivo sull’inquinamento mondiale, fin quando tutti i produttori non saranno ritenuti in qualche modo responsabili per ciò che accade a fine ciclo ai prodotti che vendono, come sostengono diversi attivisti che si battono per il diritto alla riparazione e l’obbligo al riciclo da parte dei produttori stessi.

L’e-waste rappresenta un problema mondiale assai grave da diversi punti di vista. Oltre al danno ambientale infatti il suo mancato recupero e riciclo all’interno del processo produttivo costituisce un danno economico e sociale al tempo stesso, visto che metalli come il cobalto utilizzato per le batterie o le terre rare con cui si realizzano alcuni componenti elettronici, provengono spesso da zone di conflitto, soprattutto situate in Africa, continente in cui tra l’altro finiscono la maggior parte degli scarti elettronici prodotti in Occidente.

Ridurre o azzerare la produzione di rifiuti o la propria “impronta fossile” sono dunque passi importanti, ma se si vorrà davvero ridurre significativamente l’impatto negativo prodotto dalla produzione di dispositivi elettronici sul Pianeta, bisognerà presto trovare risposte efficaci anche a questo enorme problema.

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