Nella sua lettera al Corriere della Sera, il segretario dem Nicola Zingaretti ha snocciolato dieci buoni motivi per cui il Governo dovrebbe dire sì al Mes; con l’obiettivo, dichiarato dallo stesso leader Pd, di un grande piano di rilancio della sanità pubblica. Ebbene, poiché a ogni missiva va dato un riscontro e giacché quello “istituzionale” non risulta ad oggi pervenuto, provo a immaginare una replica come si deve.

La “cartolina” di Zingaretti, per paradosso, merita sia una risposta sia una domanda. Partiamo dalla risposta. Ed è un “no” grande come una casa al Mes.

In questo, hanno senz’altro ragione i 5 stelle a impuntarsi. Per una serie di inoppugnabili ragioni:

1) il Mes è un meccanismo previsto per gli Stati con “rischio di stabilità finanziaria”, vale a dire con grosse difficoltà di accesso ai mercati (e non è il caso dell’Italia). Di più: per ottenere i suoi prestiti, è necessario firmare una sorta di dichiarazione in cui si ammette expressis verbis lo stato di semi-insolvenza delle finanze pubbliche nazionali.

È evidente che un messaggio del genere ai mercati sarebbe pernicioso. Quantomeno se pensiamo che presso i mercati ci riforniamo di liquidità e al loro giudizio (sulla nostra solvibilità) è appesa la sovranità della Repubblica;

2) affermare che l’attuale Mes connesso alle spese sanitarie Covid-19 è “senza condizioni” è quantomeno superficiale. Infatti, sia l’articolo 136 Tfue (istitutivo del Mes), sia il trattato relativo, sia il Regolamento nr. 472/2013 parlano di “rigorose condizionalità” e prevedono una puntigliosa sorveglianza post programma (Pps) valevole, sia ben chiaro, anche per i finanziamenti legati ai costi della pandemia.

Il che significa che aderire oggi al Mes significa mettere un futuro Governo italiano (di qualsiasi colore) nelle condizioni di essere “sotto tutela” di Bruxelles per gli anni a venire. Vuol dire, in altre parole, dover ospitare ogni sei mesi una delegazione della Bce e della Commissione con il compito di farci le pulci e di dettarci la linea sulle “riforme”;

3) il Mes è un creditore “privilegiato”, circostanza spesso dimenticata o sottostimata: significa che i titoli emessi dal medesimo debbono essere rimborsati con privilegio e priorità rispetto a tutti gli altri titoli del debito “normali”. Altrimenti detto, rivolgersi al Mes non solo implica comunque un indebitamento ma comporta, altresì e in automatico, una sorta di “downgrading” di tutto il restante debito pubblico italiano; che si troverebbe così in una condizione di subalternità (nella denegata ipotesi di default) rispetto al debito detenuto dal Mes;

4) il fatto che l’accesso al Mes garantisca liquidità a interessi da favola, rispetto al modo ortodosso con cui l’Italia si finanzia abitualmente sui mercati, è tutto da dimostrare. Anzi, è tutto da smentire.

Tanto per cominciare, il tasso dei titoli emessi dall’ente presieduto da Klaus Regling è variabile; e quindi potrà anche alzarsi nel corso del periodo di indebitamento. In secondo luogo, un indebitamento classico sui mercati può rivelarsi – in realtà, e a conti fatti – anche meno oneroso. Infatti, fintantoché la Bce seguiterà a rastrellare Btp sui mercati secondari, attraverso i suoi programmi di quantitative easing o simil tali, lo farà (per quanto concerne i titoli italiani) tramite Bankitalia che poi retrocederà allo Stato gli interessi incamerati: una partita di giro.

Ergo, oggi approvvigionarsi sui mercati, piazzando Bot o Btp, non solo è senza condizionalità, a differenza del Mes, ma costa poco di più, o addirittura poco di meno.

Esaurite le risposte, veniamo ora alle domande stimolate dalla lettera di Zingaretti. Posto che sono condivisibili le preoccupazioni sullo stato della nostra sanità pubblica e l’esibito “slancio” interventista, perché svegliarsi solo adesso, “dopo” il Coronavirus? Perché questa ambiziosa agenda non è stata messa all’ordine del giorno “prima” (molto prima)? In questi anni, il Ssn non è stato affatto aiutato, anzi. È stato sottoposto a un sistematico de-finanziamento.

Dal 2009 al 2017 l’aumento della spesa sanitaria è risultato pari a uno striminzito 0,6%, contro il +14% del periodo 2001-2008. L’Anaao Assomed, ovvero l’associazione dei medici dirigenti italiani, denuncia che, nel 2019, l’investimento complessivo in sanità pubblica è stato pari a 114,4 miliardi, con una incidenza media per abitante di 2.551 euro contro i 3.045 dell’Inghilterra e i 4.160 della Germania.

Insomma, vien da chiedere: se i partiti che hanno avuto responsabilità di governo nell’ultimo decennio non avessero peccato di inaccettabile superficialità, se non di lucida volontà, nel portare alla “asfissia” il nostro sistema di salute pubblica, sarebbe necessario, oggi, ricorrere alle “insidiosissime” cure del Mes? Per di più giustificandole con una sbandierata (ritrovata?) sensibilità verso i sacrosanti bisogni del Servizio Sanitario Nazionale? E verso gli inderogabili diritti di tutti gli italiani? Agli elettori l’ardua sentenza.

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