Logica, Mangione. L’urgenza era quella: saltare l’esame di Logica di Mangione, un esame per me insuperabile dato che sono un uomo illogico, ma saltare logica era logico, altrimenti non mi sarei mai laureato in filosofia.

Che fare? Mangione mi avrebbe divorato. Mi venne in aiuto uno studente: “Perché non fai due volte l’esame di Filosofia della scienza? Così puoi saltare Logica”.

Eureka! Avrei dato due volte Filosofia della scienza, lo spettro di Mangione si era allontanato e si era avvicinata la possibilità di avere un pezzo di carta con scritto “Dott. in filosofia” e questo grazie a Giulio Giorello, che aveva la cattedra di Filosofia della scienza. Nella vita c’è sempre una via di fuga e Giorello era la fuga e la via. E così feci: detti due esami di Filosofia della scienza. Con Giorello poteva capitare di studiare anche Topolino, a me toccarono i testi del riformatore Calvino e nello stesso esame i testi di James Hillman sull’anima.

Mi preparai bene, facendo anche delle letture personali e delle connessioni con Baudelaire e Edgar Allan Poe. Ero nel mio brodo primordiale, lontano dalle formule matematiche e logiche. Fu per me appagante e divertente, Giorello mi fissava incuriosito, con i suoi occhi sempre pronti a fare il salto nell’anima dell’altro, mai prigioniero di se stesso o del proprio ruolo, mai murato, sempre aperto alle combinazioni della vita. Mi fissava e si divertiva anche lui. Parlammo anche di cinema e in particolare del film La bella e la bestia. Lui preferiva la versione Disney, io quella di Jean Cocteau.

Alla fine mi chiese: “Ma lei è uno scrittore?“. Poi, al suo assistente: “Come è andato il signore nella parte tecnica?”. Il giovane si strinse nelle spalle e quasi imbarazzato rispose: “Abbastanza disastroso”. Giorello mi guardò, rifletté un momento e disse: “Ventisette le può andare bene?” Capite? Ventisette in Filosofia della scienza? A uno come me, che non sa fare le divisioni con la virgola! A uno come me, che non si ricorda più come si ottiene l’area del quadrato! Grazie a Giorello sono arrivato alla fine dei miei studi filosofici e sono uscito finalmente dalla Statale con una laurea, dopo 10 anni in cui ne ho viste e passate di tutti i colori.

A un esame di Storia stavo parlando di Seneca, quando mi trovai indeciso sul passato remoto del verbo assistere: assistè? assistette? assistì? Entrai nel vortice della circonlocuzione: “E Seneca prese parte, da un punto di vista…”. Che fare? Come andare avanti?. “Prese parte, da un punto di vista prettamente oculare…”. Esplosero le risate: gli studenti, il docente, tutti. Quando le risate si spensero, e non fu cosa di un momento, il docente mi fissò e disse: “Lo dica”. Intendeva il verbo. La mia mente vorticava: assistè? assistette? assistì? “Assistì!” dissi.

“No, assistette o assistè. Vada avanti”.

L’università è ormai da anni solo un esaminificio e un laureatoio? No, grazie a professori come Giorello, come Parinetto, come Fergnani e pochi altri, che sono stati prima di tutto maestri di libertà. Ci hanno insegnato che tra democrazia e libertà è sempre preferibile la libertà, perché ci può essere una dittatura della maggioranza, ma non ci potrà mai essere una dittatura della libertà, la libertà al limite è una condanna. Il Covid-19 ci ha portato via Giorello, ma la sua lezione resta, il suo amore per il pensiero libero è immortale, e non avrà fine, non sarà un virus a uccidere la libertà. Quando l’ospedale lo ha liberato ed è potuto tornare a casa, in mezzo ai suoi adorati libri, Giorello ha ritrovato la sua felicità e la sua libertà, anche se il corpo debilitato purtroppo non gli ha retto il gioco, perché la libertà è anche questo: gioco.

La cosa che più temeva, come conseguenza nefasta di questo virus, era uno “stato medico” permanente, una società ossessionata dall’igiene e dalla paura. Giorello era uno spirito razionale, ma non faceva della ragione un feticcio. Aveva in orrore i razzismi e chi costruiva muri come in Palestina o tra il Messico e gli Stati Uniti, perché chi costruisce muri imprigiona prima di tutto se stesso.

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