Mediaset ha sospeso il giornalista Paolo Massari, arrestato nella notte tra sabato e domenica con l’accusa di aver picchiato e stuprato una sua amica. La decisione dell’azienda televisiva, si legge in una nota, è stata presa “cautelativamente” in attesa degli sviluppi legali e riguarda non sia le prestazioni che la retribuzione. Il cronista, esperto di economia ed ex assessore all’Ambiente del Comune di Milano quando era sindaca Letizia Moratti, è rinchiuso nel carcere di San Vittore, dove in giornata sarà interrogato dal giudice per le indagini preliminari che dovrà convalidare o meno la misura cautelare richiesta dalla pm Donata Costa.

Intanto la vittima della violenza, una sua amica di vecchia data, ha raccontato al Corriere della Sera nuovi dettagli riguardo al contesto in cui sarebbe maturato lo stupro, confermando quanto aveva messo a verbale davanti ai poliziotti nella tarda serata di sabato. “Sono imprenditrice e Paolo aveva proposto un articolo di approfondimento sul mio mondo”, ha spiegato la donna, 56 anni.

“Come molti, come moltissimi, sto pagando un prezzo alto alla pandemia, il lavoro non c’è, si fa fatica, le prospettive sono preoccupanti… Ci conosciamo da quand’eravamo adolescenti, con Paolo, abbiamo frequentato il liceo Parini – ha raccontato – Un tipo di conoscenza che rimane, nella vita, non ti vedi e non ti senti per anni poi capita che ci si ritrovi”.

Nasce così l’aperitivo al bar Basso, in viale Abruzzi, storico locale di Milano. “Ho accettato l’invito all’aperitivo e, l’ammetto, è stato un bell’aperitivo. Un momento piacevole – spiega l’imprenditrice – Il mio primo aperitivo dopo tutti questi mesi di isolamento in casa. Non c’è stato niente, in quei momenti al bar, che mi facesse immaginare un finale del genere”.

“Ad ambedue – continua il suo racconto – andava di proseguire con una cena al ristorante. Paolo ha detto che siccome il tempo non era buono, era meglio prendere la macchina lasciando lo scooter a casa sua, lì vicino. Ci siamo andati, e una volta nel seminterrato è sceso il buio”.

In quel loft in zona Porta Venezia, come ha raccontato la donna alla polizia, Massari l’avrebbe “schiaffeggiata” e “scaraventata” sul divano, minacciandola ripetutamente. Un racconto che gli investigatori ritengono credibile e circostanziato, confermato anche dal centro antiviolenze della Clinica Mangiagalli e dalle tracce di sangue ritrovate nell’appartamento dagli uomini della Scientifica.

“Qualcuno pensa che abbia commesso un errore, che in un certo senso me la sia andata a cercare… – continua la donna nel colloquio con il Corriere della Sera – A me, che una donna debba difendersi come se fosse lei la colpevole, che debba giustificarsi, fa schifo”. Al quotidiano l’imprenditrice confida: “Ho sentito e mi hanno riferito strane voci che stanno circolando negli ambienti mediatici e non soltanto in quelli. Voci secondo le quali mi starei inventando tutto, poiché il rapporto sarebbe stato consenziente, starei esagerando in relazione a chissà quale perfida macchinazione…”.

“Ma scusate un po’, il tutto a quale vantaggio? Quale? – si chiede la donna – Io tremo all’idea che possa uscire il mio nome, che i miei genitori vengano a saperlo, che la mia famiglia… Certo, ero così consenziente che avanzavo senza vestiti alle dieci di sera, non a notte fonda, cioè senza nessuno in giro, e la cosa neanche mi interessava… Ero terrorizzata, volevo soltanto scappare… C’erano passanti, automobilisti, e io me ne fregavo, di essere nuda, capisce? Proprio non me ne vergognavo, non ci badavo affatto… Dovevo andarmene il più lontano possibile da lui e da quel posto orribile. Non era un appartamento, era un bunker. Una prigione dove anche se avessi urlato non mi avrebbero sentita. Dove sarei morta ammazzata”.

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