A Trieste l’avevano già battezzata la “nave lazzaretto”, l’”ospedale Covid galleggiante”. Perché avrebbe dovuto ospitare fino a 166 anziani delle case di riposo positivi al coronavirus. Nel momento più critico della pandemia, quando gli istituti venivano chiusi per incapacità di gestire l’emergenza, la giunta regionale del Friuli Venezia Giulia aveva avanzato questa proposta, che ha tenuto banco per un paio di mesi, nonostante le opposizioni sostenessero che non si trattava di una soluzione praticabile. Come tenere gli ospiti in stanze di 4 metri per 2, costringendoli a una vera reclusione? Il 19 maggio le autorità regionali avevano deciso che non se ne sarebbe fatto nulla. Ma adesso l’armatore chiede il conto, ovvero il rimborso di 246mila euro per i lavori sostenuti per allestire Gnv Allegra, nella prospettiva di trasformarla in ospedale da attraccare al porto di Trieste. La compagnia Grandi Navi Veloci ha annunciato all’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (Asugi) l’invio di una richiesta di pagamento. Asugi ha risposto picche, sostenendo che non c’è alcun contratto che giustifichi le spese sostenute. A questo punto si rischia un contenzioso, ovviamente a carico della Regione.

La compagnia Gnv, che fa parte del gruppo Msc, era stata contattata e aveva messo a disposizione nave Allegra, con un impegno di spesa previsto di 4,2 milioni di euro per un periodo di sei mesi, coperti per più della metà (2 milioni 600 mila euro) dalla Protezione Civile nazionale. A scoprire lo strascico economico è stata un’interrogazione presentata dal consigliere regionale Francesco Russo, del Pd, che chiedeva conto dei costi sostenuti dalla Regione. Due giorni dopo la decisione di non dar corso all’operazione, il 21 maggio, il direttore generale di Asugi, Antonio Poggiana, aveva scritto alla società armatrice “diffidando formalmente Gnv dall’emettere la nota di addebito preannunciata il 12 maggio”, visto che il contratto di noleggio non era mai stato firmato. La richiesta, per “i costi vivi sostenuti” è di 246.861 euro.

A rivelarlo, nella risposta all’interrogazione, è stato Riccardo Riccardi, vicepresidente della giunta Fedriga e assessore alla sanità del Friuli. “È la dimostrazione – ha commentato Russo – di come tutta l’operazione rischi di lasciare strascichi anche di tipo giudiziario. Sarebbe bastato ascoltare le opposizioni, sempre molto critiche rispetto a una soluzione non sostenibile, risparmiandosi una telenovela che ha lasciato con il fiato sospeso tanti anziani e i loro familiari. L’impressione è che siano state date garanzie politiche a un armatore avveduto, il quale altrimenti non avrebbe avviato i lavori di riqualificazione sulla nave”.

La Regione continua a ribadire che nulla è dovuto, perché non c’è un contratto. Il procuratore presso la Corte dei Conti di Trieste, Tiziana Spedicato, intervistata da Il Piccolo, ha dichiarato: “Ho letto. E sentirò l’azienda. Per il momento non c’è alcun fascicolo aperto, per farlo ci dovrebbe essere un danno erariale. Se però quella fattura non è stata pagata, non ci può essere danno”.

Il consigliere regionale Andrea Ussai, dei Cinquestelle: “Speriamo che la sanità pubblica non debba spendere risorse per un traghetto mai utilizzato. Fin dall’inizio avevamo posto domande a cui non ci è stato risposto. Fedriga sostiene che non è stato firmato alcun contratto, ma non dice se qualcuno avesse chiesto di iniziare i lavori di adeguamento, come ancora non ci ha detto chi fossero i tecnici che hanno sostenuto la scelta di ospitare gli anziani non autosufficienti positivi al Covid-19 sul traghetto-lazzaretto. Nessun chiarimento c’è stato neppure sul fatto che la cooperativa Arkesis avesse avviato la procedura per la ricerca del personale una settimana prima della pubblicazione del bando per l’affidamento del servizio”. E’ la dimostrazione che il meccanismo si era messo in moto quando a metà maggio è stato bloccato perché il Covid aveva allentato il suo effetto letale.

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