La gloriosa Associazione nazionale dei magistrati, nata nel 1909, ricostituitasi dopo il periodo fascista per il grande coraggio dei suoi dirigenti, sta per implodere.

Una associazione nata per rappresentare la “base” dei magistrati e le sue sacrosante rivendicazioni nei confronti della politica è oggi incapace di esprimere altro, se non il balbuziente lamento di un sindacato “giallo”, mostrandosi corrosa dalle degenerazioni correntizie.

Da anni una sempre più consistente fetta di magistrati chiedeva ai suoi rappresentanti di essere più vicini alle esigenze “lavorative” degli iscritti, alla difesa delle loro prerogative nei confronti di un sistema che andava sempre più gerarchizzandosi e che sottoponeva il magistrato quivis de populo a stringenti controlli sulla produttività ed efficienza, infischiandosene di ingestibili carichi di lavoro. Persino la sicurezza sul posto di lavoro e le minimali garanzie in materia di malattia sono state trascurate dai rappresentanti dell’unico sindacato dei magistrati.

A ciò si è aggiunto un draconiano sistema disciplinare, che ha approfittato della situazione di debolezza della maggioranza dei magistrati per intaccarne sempre più l’indipendenza interna.

L’occupazione delle istituzioni di rappresentanza della categoria da parte delle “correnti” ha determinato, a cascata, l’effetto ‘giunco’ su tutti i ‘soggetti soltanto alla legge’, che hanno trovato un ulteriore vincolo (la soggezione alla corrente o alle correnti al potere) nel loro bellissimo lavoro, vincolo non previsto nella Costituzione e che condiziona in modo esiziale la loro libertà di esprimere idee, di partecipare autonomamente all’associazione, all’autogoverno, ad un incarico fuori ruolo, persino ad un evento formativo. L’Anm ha taciuto ed omesso di svolgere il suo ruolo principale.

E’ stata forte con i deboli e debole con i forti.

Ha avallato “il sistema delle correnti”, prepotentemente smascherato dalla vicenda del suo ex presidente, Luca Palamara, che non era affatto un metodo isolato di gestione del potere. Esso è stato ed è ancora oggi il sistema: un mondo che ha fatto, della magistratura associata, salve sporadiche eccezioni, una passerella per brillanti carriere ed un luogo di esternazione del dilagante correntismo.

L’Anm si è trasformato in un “documentificio” inutile, incapace di azioni concrete a tutela dei suoi iscritti, “un barboncino da guardia” del Consiglio Superiore della Magistratura.

Da anni, certamente almeno dal 2011, a seguito di partecipate assemblee, si era chiesto ai rappresentanti di recidere il cordone ombelicale che legava la associazione all’autogoverno mediante rigide incompatibilità. Era questa la causa che rendeva fiacca l’attività associativa di molti degli eletti, attratti dalla fulgida carriera che si prospettava loro davanti.

Da anni si insisteva per recuperare il carattere a-politico della associazione. Ma i vertici dell’Anm hanno interpretato, al contrario, il loro ruolo come quello di un soggetto istituzionale politico, chiamato a collaborare gli altri Poteri dello Stato. Il comitato direttivo centrale, organo deliberativo dell’associazione, è diventato il mezzo per annichilire la volontà democratica e per trasformare la oligarchia degli eletti in un verticistico ed autoreferenziale organismo “politico” dominato dalle correnti, pronto ad osservare più le direttive delle segreterie dei gruppi che quelle dei suoi iscritti.

Così l’Anm è rimasta inerte per anni, anche davanti alle nuove richieste della “base”.

Non sono state indette regolarmente le assemblee, né si è data giustificazione delle spese sostenute e dei bilanci (come pure imponeva lo statuto). Si è preferito tacitare le voci dissidenti, talvolta anche con vere e proprie forme di censura nei confronti di esse. Sono stati obliterati gli esiti referendari del 2016, votati da una schiacciante maggioranza. Non è mai stata avanzata dall’Anm alcuna risolutiva proposta di modifica della legge elettorale per il Csm o del testo unico sulla dirigenza giudiziaria o di determinazione dei carichi esigibili di lavoro.

Oggi il sistema è stato smascherato e messo alla gogna. I vertici sono oggi incapaci di denunciare gli abusi dei rappresentanti dell’autogoverno e dei loro stessi epigoni dentro il comitato direttivo centrale, perché fortemente complici con esso. Ecco spiegata la crisi attuale dell’Anm e la sua implosione.

Come uscirne? Spero umilmente che la mia esperienza possa contribuire a suggerire, nei prossimi interventi, una exit strategy.

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