“Spero che questa pandemia faccia ricordare a tutti quanto è importante difendere il nostro sistema sanitario nazionale, pubblico e gratuito”. È questo il monito lanciato dagli oltre ottanta operatori di Emergency che oggi hanno lasciato l’ospedale allestito alla Fiera di Bergamo. Dopo la dimissione dell’ultima paziente avvenuta venerdì, è tempo di tornare a casa per gli igienisti, gli infermieri e i medici che per oltre due mesi hanno lavorato senza sosta nei padiglioni della fiera. Igienisti, infermieri e medici come Daniela Deserio che, dopo aver passato quattro anni in Sudan, non ci ha pensato due volte quando ha visto la chiamata. “Pensare di lavorare in un ospedale da campo in Lombardia, a Bergamo, una delle province più ricche d’Italia non era immaginabile”, racconta la dottoressa che dall’inizio di aprile si è trasferita in una camera d’albergo vicino alla fiera. Una struttura tirata su in nove giorni grazie al lavoro di squadra di alpini, artigiani, tifosi atalantini e tanti volontari. Chi ha saputo tirare su un muro lo ha fatto mentre Emergency ha portato l’esperienza maturata in Sierra Leone durante la crisi legata all’ebola nel 2014: “Abbiamo portato qui alcune delle prassi che abbiamo imparato in Africa ovviamente adattandole ad un virus e a un contesto diverso”, spiega la presidente di Emergency, Rossella Miccio. Così la progettazione degli spazi ha potuto seguire la filosofia di percorsi separati per il “pulito-sporco” per limitare al minimo i rischi di contaminazione. In questi reparti sono passati oltre centoventi pazienti. “Il momento più bello è il risveglio dopo la terapia intensiva – racconta l’infermiera Elena De Costanzi – è stata una gioia immensa vederli parlare per la prima volta in videochiamata con i propri familiari”. L’ultima paziente è stata dimessa sabato, ma l’ospedale non chiuderà. Sarà riconvertito in un centro di “follow up” per le analisi post fase acuta di oltre duemila pazienti. Tra gli operatori di Emergency c’è chi tornerà a casa e chi proseguirà il lavoro altrove: “Il nostro lavoro non finisce qui – conclude la presidente – continueremo a fare formazione in giro per l’Italia, ma anche nei Paesi dove siamo presenti da tempo. Lì la fase di picco non è ancora terminata e siamo preoccupati perché adesso che le attenzioni sono rivolte tutte a casa nostra, ci stiamo dimenticando che da soli non possiamo farcela. Spero che si guardi anche a quello che accadrà fuori dai nostri confini”.

Articolo Precedente

Coronavirus, l’allarme del Copasir: “Durante la pandemia fake news virali contro l’Italia”

next
Articolo Successivo

Bari, troupe Rai de ‘La vita in diretta’ aggredita sul lungomare: “Butto a mare te e il tizio con la telecamera”

next