La crisi bancaria del 2008 portò ad un aumento dei suicidi per ragioni economico-finanziarie. Anche in Italia. Uno studio dell’istituto di ricerche Eures rivelò che solo nel 2009 si tolsero la vita un migliaio di persone con aumento di quasi il 40% fra lavoratori e imprenditori che avevano perso tutto. Da lì nacque la legge 3 del 2012, ribattezzata “Salva suicidi” che offre oggi un’ancora di salvezza ai sovraindebitati, cioè persone che hanno contratto debiti che non saranno più in grado di ripagare.

La Salva suicidi è il riferimento per privati cittadini e piccole imprese non soggette a fallimento. E’ destinata ai debitori che sono in grado di soddisfare in qualche modo i creditori con tre diverse procedure: il piano del consumatore, l’accordo di composizione delle crisi o la liquidazione. Inoltre il ricorso alla legge 3 del 2012 fa scattare il divieto di nuove azioni esecutive individuali più la sospensione di azioni già in corso.

Può definire un piano del consumatore qualsiasi persona fisica sovraindebitata. Chiunque, cioè, abbia contratto debiti oltre la sua capacità di rimborso, magari per pagare spese mediche o per acquistare l’arredamento. Si tratta di una procedura concordataria che non prevede la necessità del voto dei creditori i quali possono solo presentare dei rilievi. Il debitore definisce una proposta per soddisfare almeno in parte i creditori sulla base delle sue possibilità. La proposta viene presentata direttamente al giudice attraverso l’Organismo di composizione della crisi. A quel punto il magistrato entra nel merito dell’offerta e che, se ritenuta meritevole e fattibile, viene omologata. Toccherà poi al debitore rimborsare quanto indicato nel piano secondo le scadenze previste.

Più complesso è invece il meccanismo dell’accordo di composizione. Si tratta di una procedura cui possono accedere le persone fisiche come nel piano del consumatore, ma anche tutti gli altri soggetti soggetti che non possono fallire come imprenditori o liberi professionisti. Anche in questo caso il debitore ipotizza un realistico piano di rientro sulla base del suo patrimonio e dei suoi redditi. Ma questa volta il giudice dovrà tenere conto del giudizio dei creditori che saranno chiamati ad approvare il progetto a maggioranza del 60% dei crediti ammessi al voto.

La terza ed ultima ipotesi di lavoro prevista dalla legge 3 del 2012 è la liquidazione. In questo caso, semplicemente il debitore mette a disposizione dei creditori tutto il suo patrimonio. I beni sono messi in vendita e il ricavato viene utilizzato per ripagare i debiti. Anche in questo caso, la liquidazione è la strada che consente al debitore di voltare pagina. Tuttavia, come rileva l’Occ, finora sia i piani dei debitori che gli accordi hanno funzionato a rilento: nel 2018, i debitori hanno abbandonato la procedura nel 60% dei casi rinunciando alla ciambella di salvataggio offerta dalla legge. Di qui la scelta del legislatore di mettere a sistema e semplificare la procedura nel nuovo codice della crisi di impresa che entrerà in vigore nel 2021 e che introdurrà l’esdebitazione, cioè la possibilità di liberarsi dei debiti una volta nella vita anche per chi non ha patrimoni o redditi da mettere a disposizione della proceduta. Salvo l‘obbligo di pagamento entro i quattro anni successivi in caso di eventuali entrate. Ad ogni modo, nonostante le difficoltà operative dell’attuale legge, nel 2018 sono comunque riusciti a beneficiarne 4.391 debitori, secondo i dati degli Organismi di composizione della crisi (Occ),

Ma lo scenario attuale è a dir poco a tinte fosche. Per questo, “è necessario anticipare i tempi per allargare la platea dei potenziali beneficiari della legge” come suggerisce secondo Gianmario Bertollo, fondatore di Legge3.it, associazione che aiuta cittadini ed imprenditori a uscire dai debiti via Salva suicidi. Secondo uno studio della Well Being Trust e dei ricercatori dell’American Academy of Family Physicians, nel prossimo decennio ci saranno ben 75mila vittime legate alla crisi del coronavirus. Nella ricerca i potenziali futuri suicidi sono classificati come “morti per disperazione” scontando il doppio effetto dell’isolamento da lockdown e della perdita di sicurezza economica.

In Italia, l’Osservatorio suicidi per motivazioni economiche della Link Campus segnala quest’anno 42 decessi, di cui più della metà sono imprenditori. Venticinque decessi sono avvenuti nelle settimane del lockdown e 16 nel solo mese di aprile. A questi vanno aggiunti poi 36 tentati suicidi, 21 dei quali nelle settimane di isolamento. Più della metà delle vittime è costituita da imprenditori. Segno che l’impatto negativo della crisi economica sarà ben più alto di quello misurato solo con il numero di aziende che chiudono e della quantità di disoccupati.

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