Le somme da liquidare andrebbero compensate con quanto già ricevuto di vitalizio. Con questa motivazione lo Stato si è opposto al pignoramento di 2,2 milioni di euro dei ministeri della Difesa e del Trasporti, in possesso delle Poste italiane e alla società Difesa servizi, condannati a pagare ai familiari di 5 familiari delle vittime della strage aerea di Ustica.

L’opposizione alla sentenza della Corte d’appello di Palermo che nel 2017 ha stabilito l’omessa vigilanza dei due ministeri e quindi il risarcimento per l’abbattimento del Dc9 Itavia, partito da Bologna per Palermo e inabissatosi nel mar Tirreno, il 27 giugno 1980, prolunga ancora la battaglia civile di alcuni familiari delle 81 vittime.

Lo Stato si era opposto al pagamento deciso dalla Corte di appello ritenendo che le somme dovessero essere compensate con quelle che i familiari percepiranno sotto forma di assegno vitalizio. E per questo i legali dei familiari avevano chiesto il pignoramento della somme dei ministeri in possesso delle Poste italiane e alla società Difesa servizi.

Il giudice dell’esecuzione di Roma ha sospeso il pignoramento ritenendo che nella sentenza ci sarebbe un contrasto tra la motivazione e il dispositivo redatti dalla Corte di appello, obbligando così i familiari a promuovere un nuovo giudizio affinché “venga interpretata la sentenza”. Il giudice ha stabilito che il nuovo giudizio dovrà essere instaurato entro il 3 giugno di quest’anno davanti al magistrato ordinario.

Uno dei legali dei familiari, l’avvocatessa Vanessa Fallica spiega: “È l’ennesima dimostrazione di come lo Stato, che da un lato riconosce il risarcimento del danno, dall’altro agisce affinché ciò non avvenga”. Tutto ciò, aggiunge l’avvocatessa, comporterà una ulteriore attesa che seguirà i tempi della giustizia civile: almeno tre anni. “Alcuni familiari – dice l’altro avvocato Fabrizio Fallica – che non hanno ancora percepito un solo euro di risarcimento sono costretti ad affrontare le spese del nuovo giudizio”.

“L’Avvocatura dello Stato – spiega ancora l’avvocatessa Fallica – ritiene di paralizzare questi pagamenti poiché pur essendoci stato il riconoscimento del danno e il conseguente risarcimento i familiari percependo un assegno vitalizio non hanno diritto ad altre somme che secondo i ministeri devono essere portate in compensazione fino al 75esimo anno di età di chi lo riceve. E se uno dei familiari dovesse morire prima dei 75 anni gli eredi non posso pretendere nulla in quanto il vitalizio non è trasmissibile”. La “cosa eclatante” è che altri familiari, conclude l’avvocatessa, “hanno già percepito le somme decise dai giudici senza alcuna compensazione”, quindi “si sta attuando una gravissima discriminazione”.

Già nel 2015 lo Stato non voleva pagare i risarcimenti decisi dal giudice di Palermo ad altri 18 familiari di alcune vittime tanto che l’avvocato erariale Maurilio Mango chiese alla Corte d’appello civile il rigetto delle domande per gli indennizzi e di porre a carico dei familiari il pagamento delle spese. La causa era quella per cui il giudice monocratico, Sebastiana Ciardo, aveva condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire con 5,63 milioni di euro i 14 familiari – o eredi di essi – di sette vittime. La sentenza che deve tornare in giudizio ora è però passata in giudicato.

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