“Prima dell’estate si può passare sul ponte”, assicura Pietro Salini, amministratore delegato di Salini-Impregilo. Di certo, salvo condizioni meteo avverse, martedì mattina l’ultima campata del nuovo ponte Morandi di Genova sarà in posizione. Con quattro mesi di ritardo sulla tabella di marcia dei lavori che, più e più volte, il commissario straordinario Marco Bucci, sindaco del capoluogo ligure, aveva annunciato che sarebbe stata rispettata. Ovvero: dopo una prima ipotesi di 12-16 mesi, si era definita la costruzione entro fine 2019 e il collaudo ad aprile 2020. Se Salini avrà ragione, i ritardi alla fine saranno nell’ordine dei due-tre mesi.

Dal giorno del disastro al completamento della struttura in acciaio saranno quindi trascorsi 620 giorni. Era il 14 agosto 2018 quando il viadotto sul Polcevera crollò all’improvviso travolgendo auto e tir in transito. Morirono 43 persone, 566 abitanti sono stati costretti ad abbandonare le proprie case e la procura guidata da Francesco Cozzi sta ancora indagando sulle cause del crollo e ha allargato l’inchiesta a come Autostrade svolgeva i controlli su tutte le infrastrutture in gestione, dai ponti alle gallerie.

La fase di ricostruzione è ufficialmente iniziata il 22 marzo dello scorso anno, con la dichiarazione di agibilità del cantiere e il via ai lavori. Tre settimane dopo, il 15 aprile, è stato posto il primo palo di fondazione di una pila. Il 25 giugno – alla presenza dell’allora ministro per le infrastrutture Danilo Toninelli – è stata effettuata la gettata di cemento per la fondazione della pila 9, la prima delle 18 previste.

L’1 ottobre, invece, è salita la prima campata d’acciaio tra le pile 5 e 6 alla presenza del premier Giuseppe Conte accompagnato dalla ministra per le infrastrutture Paola De Micheli. Il progetto che l’architetto Renzo Piano ha donato alla città ne conta 19: tre da 100 metri e le altre da 50. In totale il nuovo ponte Morandi sarà lungo 1.067 metri.

L’ultima campata, contrariamente a quanto previsto, non è stata posata entro la fine del 2019. Ma i lavori – va detto – non si sono mai fermati. Né quando, il 13 dicembre, è scoppiato un incendio sulla sommità della pila 13, e nemmeno quando è scattato il lockdown per la pandemia di Covid-19. Il cantiere – nel quale hanno lavorato mediamente 600 persone, con picchi di mille – è infatti considerato “strategico”.

E proprio in quei giorni – 10 marzo – è salita la maxicampata sul Polcevera, corrispondente a quella crollata il 14 agosto di due anni fa. Il 20 marzo è stata issata la seconda campata da 100 metri: il grande impalcato, trasportato vicino alla ferrovia, ha di fatto ‘scavalcato’ i binari ‘salendo’ su un gradino alto 5 metri.

Il 27 marzo viene trovato positivo al coronavirus un operaio, con lui finiscono in isolamento altre 49 persone. Ma ancora una volta i lavori non si fermano: viene perfezionato il piano di sicurezza, anche se – come raccontato da Ilfattoquotidiano.it – gli operatori ai varchi hanno lamentato la carenza di dispositivi di protezione individuali. Alla fine, nella notte tra lunedì e martedì o al massimo poche ore dopo, l’ultima campata sarà in posizione. Poi partirà la corsa al collaudo, fino all’inaugurazione.

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