Il giorno in cui comincerà la ripresa è “ragionevolmente il 4 maggio“. È il punto fermo ribadito dal premier Giuseppe Conte dopo una lunga giornata di vertici su quello che è ormai il dossier principale sul tavolo del governo: la Fase 2. L’esecutivo lavora a “un piano nazionale contenente linee guida omogenee per tutte le Regioni”. La riapertura di alcune aeree è un’ipotesi da bocciare anche per il governatore della Lombardia, Attilio Fontana: “Non credo che si possa arrivare a quello perché l’Italia potrebbe rimanere zoppa“, ha detto all’Ansa. Tra chi premeva per riaprire subito nel suo Veneto c’era però proprio il suo collega di partito Luca Zaia, che oggi dice: “Speravo e spero che qualche segnale arrivi anche prima ma immagino che il 4 maggio sia la dead line“. Il governatore polemizza invece contro le regioni meridionali che chiedono limiti agli spostamenti: “È Sud contro Nord“, dice. E torna a premere anche sulla possibilità che le prossime elezioni regionali si tengano già a luglio e non a settembre, trovando l’appoggio in primis dalla Liguria di Giovanni Toti. Mentre un’altra polemica, questa volta ad opera la Lega in Lombardia, riguarda le parole del capo politico M5s Vito Crimi: “In Regione troppe cose non hanno funzionato. Se oggi è ancora prematuro chiedere il commissariamento, più avanti non lo sarà”. Sempre Fontana replica: “È in atto un attacco contro di noi“.

Sulla Fase 2, la partita fra i governatori si gioca anche sulla possibilità che almeno inizialmente sia previsto un blocco degli spostamenti tra Regioni. ”Sarebbe difficile bloccare lo spostamento fuori regione se le imprese sono aperte”, ribatte Zaia in diretta Facebook, commentando l’ipotesi lanciata dal suo collega campano, Vincenzo De Luca, che oggi sul Corriere della Sera parla di un “crollo quasi psicologico di tanti amministratori del Nord”. La contrapposizione resta quella tra le Regioni del Sud che chiedono che il processo sia graduale e omogeneo, e le Regioni del Nord che premono per una riapertura rapida, a partire da Veneto, Lombardia e Liguria.

“È assolutamente troppo presto per iniziare la fase due. I numeri, soprattutto in alcune Regioni, sono ancora pieni di una fase uno che deve ancora finire”, avverte però a Sky TG24 il membro del comitato esecutivo dell’Oms e consulente del ministro della Salute Walter Ricciardi. “Il piano del ministro Roberto Speranza – aggiunge – è quello da attuare ed è basato su distanziamento sociale, rafforzamento del servizio sanitario nazionale sia nella parte territoriale che nella parte ospedaliera e poi sulla diagnostica estesa ma mirata e sul tracciamento”. Per Ricciardi “non c’è dubbio che potrà partire, soprattutto in alcune Regioni, quando conteremo i nuovi casi sulle dita di una mano e non certamente con numeri a quattro cifre”.

LO SCONTRO SULLA LOMBARDIA
In Lombardia invece esplode il caso commissariamento. Dopo le petizioni e l’attacco di Fontana a Nicola Zingaretti sulla gestione delle Rsa, è l’intervista a Qn del capo politico del Movimento 5 stelle, Vito Crimi, a scatenare la reazione della Lega. “È evidente che molte, troppe cose non hanno funzionato. Se oggi è ancora prematuro chiedere il commissariamento, più avanti non lo sarà. Non lasceremo cadere quanto accaduto nel dimenticatoio“, sono state le parole di Crimi. Il capogruppo della Lega in Consiglio regionale, Roberto Anelli, parla di un tentativo di “mettere le mani sulla Lombardia” e aggiunge: “Il tentativo di Pd-5Stelle di infangare la Regione è destinato a fallire”. “Giù le mani dalla Lombardia”, replica anche il presidente dei senatori del Carroccio, Massimiliano Romeo.

IL MESSAGGIO DEL PREMIER
Una regia unica di indirizzo è linea del premier Conte, come ha spiegato in un post su Facebook nella notte: “Continua incessantemente il lavoro del Governo a un programma nazionale che possa consentire una ripresa di buona parte delle attività produttive in condizioni di massima sicurezza“. Conte evidenza una sintonia con gli Enti locali per arrivare a “un piano nazionale contenente linee guida omogenee per tutte le Regioni, in modo da procedere, ragionevolmente il 4 maggio, a una ripresa delle attività produttive attualmente sospese, secondo un programma ben articolato, che contemperi la tutela della salute e le esigenze della produzione“.
Un piano che garantisca “condizioni di massima sicurezza nei luoghi di lavoro e sui mezzi di trasporto”. Mentre sul fronte delle misure di tutela della salute, “il Governo continua a lavorare per implementare i Covid hospital, l’assistenza territoriale e usare al meglio le applicazioni tecnologiche e i test per riuscire a rendere sempre più efficiente la strategia di prevenzione e di controllo del contagio”, ha concluso il premier.

ELEZIONI A LUGLIO
Tre Regioni su tutte, la Liguria, il Veneto e la Campania, premono nel confronto con il governo perché ci sia la possibilità di tenere le elezioni regionali già a luglio. “Se si riparte il 4 maggio non si può dire che non ci sarà nessuno in giro”, incalza anche oggi il presidente del Veneto Luca Zaia. “Sembra che questa – aggiunge – possa essere la proposta del governo alle Regioni, e le Regioni sono d’accordo. È intelligente anche perché l’Oms ha certificato una nuova ondata di contagio in autunno“. I governatori, sottolinea ancora Zaia, “in ogni caso devono avere pieni poteri, e questi escono solo dalle urne, per gestire la sanità e fare il bilancio, e non è un caso che la sessione canonica per le elezioni sia in primavera”.

Una posizione ribadita all’Ansa anche dal collega Giovanni Toti: “Sulle elezioni insieme ai governatori Zaia, De Luca e ad altri, abbiamo già indicato al ministro degli Interni la data del 12 luglio nella considerazione che se riapriamo il paese non possiamo vietare il voto”. Se l’ipotesi sarà confermata, Toti, Zaia e De Luca potrebbero indire le elezioni il 20 maggio e chiamare i cittadini delle loro Regioni al voto il 12 luglio, la prima data utile. Dal governo trapela un auspicio perché gli enti locali si accordino su una data il più possibile condivisa, una sorta di election day che potrebbe a quel punto includere anche il referendum per il taglio dei parlamentari, ad oggi rinviato all’autunno.

DECRETO APRILE
Si allungano ancora di un paio di giorni i tempi per l’approvazione da parte del consiglio dei ministri dello scostamento di bilancio, da presentare in Parlamento prima del nuovo decreto aprile. Previsto per lunedì, il consiglio dei ministri si terrà quindi con tutta probabilità mercoledì, per poter esaminare contemporaneamente tutto il quadro macroeconomico contenuto nel Def, il Documento di programmazione che porterà con sé le stime sulla caduta (inevitabile) del Pil, sull’aumento del deficit e sulla conseguente impennata anche del debito pubblico, previsto dal Fondo monetario superiore al 155%. Slitta così probabilmente alla fine della prossima settimana, subito prima del 25 aprile, il nuovo decreto legge di aprile per gli aiuti a famiglie, imprese e lavoratori. Per il provvedimento si era parlato inizialmente di tempi più rapidi, Pasqua o metà aprile, ma negli ultimi giorni il premier Conte, aveva già pronosticato un allungamento in avanti criticato fortemente dalle opposizioni.

Sarà un decreto da circa 70 miliardi di euro, di cui 30 per garantire la liquidità alle imprese e il resto sulle altre misure. Misure su cui si sta ancora ragionando: tra le ultime ipotesi al ministero della Famiglia si sta studiando un ‘bonus figli‘ probabilmente una tantum, valido solo per i minori di 14 anni e parametrato al reddito. Di certo ci sarà il prolungamento per quattro o cinque settimane della cassa integrazione e della Naspi, con un costo che potrebbe essere ben superiore al Cura Italia, di almeno 15 miliardi. Il reddito di emergenza, che dovrebbe affiancare il reddito di cittadinanza e sostenere le famiglie senza redditi da lavoro e pensione né rendite né altri sostegni pubblici, dovrebbe assorbire nelle intenzioni di Nunzia Catalfo, circa 3 miliardi, ma la cifra potrebbe alla fine dei conti essere inferiore.

Quasi certo l’aumento del bonus autonomi da 600 a 800 euro che farà lievitare i 3 miliardi di marzo, a meno che non si opti per interventi più selettivi. Al momento l’Inps ne ha già liquidati 3,1 milioni, con 500mila ancora in fase di istruttoria. Previsti inoltre un mini bonus per colf e baby sitter in base all’orario di lavoro, la proroga dei congedi parentali e del voucher baby sitter.

Il titolare del Mise Stefano Patuanelli è al lavoro sugli indennizzi a fondo perduto alle imprese, con uno stanziamento minimo di 4 miliardi che però potrebbe lievitare anche a decine di miliardi se si decidesse di prendere a punto di riferimento l’esempio della Germania, che ha concesso ristori per 10mila euro ad impresa. Alle Pmi potrebbe infine essere concessa anche una sospensione delle tariffe energetiche, con finanziamenti che andrebbero a ridurre gli oneri di sistema in bolletta.

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