Facciamo che la scrivo come la direi a voce. Come se mi rivolgessi ad un rappresentate del governo che ha il compito di guardare e agire rispetto alle fasi successive alla quarantena e al “post“ che ci aspetta.

Tema: trasporto pubblico e lavoratori. Oppure lavoratori e trasposto pubblico. Scegliete voi l’ordine.

Ho sentito e letto parole come “contingentazione” dei passeggeri che dovranno necessariamente sedere in posti “distanziati”.

Invito lor signori del comitato di ricostruzione, del gruppo di lavoro, della forza di pronto intervento, della task force per la ripartenza, o chi per essi, a farsi un giro – ad esempio – sul trenino che a Roma da piazzale Flaminio viaggia in direzione Saxa Rubra. Luogo ben conosciuto vista, tra le altre cose, la presenza del centro Rai. Ecco un bel giretto dentro quella galleria tetra, chiusa, dove non esiste alcuna areazione per chi attende sulle banchine l’arrivo o la partenza di un treno fatiscente, rumoroso, ma soprattutto indecorosamente zozzo sul quale ogni mattina si accalcano cittadini, lavoratori che su quel mezzo, volenti o nolenti, ecologisti o no, devono salire per potersi recare al lavoro. Invito a riguardare questo video tanto per farsi una idea di cosa sto parlando.

Contingentare i lavoratori, cosa vuole dire? Che se un lavoratore o una lavoratrice già normalmente si alza alle 5 di mattina per usare vari mezzi pubblici per arrivare a destinazione – perché il termine “coincidenza oraria” in Italia ha sempre un significato variabile – ora dovrà alzarsi alle 3 oppure alle 4 per essere sicuro di poter prendere il solito treno per arrivare al lavoro e non essere fermata davanti ai nuovi tornelli con la frase “deve salire sul prossimo perché su questo i posti sono esauriti e non si può stare in piedi”.

Perché ora secondo le voci circolanti e scriventi, le norme di sicurezza imporranno che gli accessi vengano contingentati attraverso varchi di accesso. E sulle carrozze nelle quali ti pigiavi come sardine pur di entrare e arrivare in orario non si potrà rimanere in piedi.

Bene, ottima indicazione ma partendo da Roma al profondo nord, inviterei sempre codesti signori incaricati della ricostruzione di fare come fanno i pendolari di una linea – solo un esempio – Treviglio/Milano. Ma non quelli che viaggiano sui treni IC con prenotazione obbligatoria del posto. No, proprio quelli dei regionali sempre meno numerosi, sempre più sporchi, in ritardo e soprattutto stracolmi.

Una corsa a caso la mattina intorno alle 6 direzione Milano o nel tragitto inverso in uscita dal capoluogo dalle 16.25 in poi per vedere come si viaggia.

Un discorso trito e ritrito, vero? Quante pagine già scritte di lamentele, appelli di comitati, lettere di viaggiatori… ma ora c’è una novità in più: stanno spiegando che tutti “dobbiamo fare la nostra parte”, che “dalle nostre azioni dipende la salute anche degli altri oltre che la nostra”.

Ci stanno dicendo che questo tempo serve a tutti noi per “cambiare marcia”, adeguarci.

Ecco allora a questi signori incaricati della ricostruzione o chi decide chiedo di agire perché il servizio pubblico in Italia sia tale.

Questa è l’occasione buona? Dipende solo da loro che sono ai vertici e che a cascata possono imporre a tutte le varie società satellite – che hanno sempre una valida ragione o un comma di legge per deresponsabilizzare se stesse – di gestire mezzi, servizi, appalti, personale, in modo che le cose almeno comincino a funzionare per il verso giusto e nel rispetto di chi ogni santa mattina paga un servizio pubblico.

A cominciare dalla pulizia. Altro che dispenser di gel per le mani nelle stazioni. Che dopo il primo mese, magari verso l’estate saranno solo dei contenitori vuoti. Ma di gel detergente per le mani cosa se ne fanno i pendolari se dai sedili di stoffa vecchia, consumata e mai lavata esce di tutto: dalla polvere (quando va bene) alle cimici e agli scarafaggi.

Che i mezzi pubblici siano dignitosi e funzionanti per le persone “normali” che dopo questo periodo di quarantena non possono essere sottoposte all’obbligo di essere solo “contingentate” per accedere a un qualsiasi treno locale o bus che li porta al posto di lavoro.

Io vorrei che per una volta la ricostruzione cominciasse dal campo e non dalla carta.

Perché non se ne può più di dirigenti – pubblici o privati – abilissimi a dimostrare per iscritto che il servizio è “espletato secondo la norma vigente”.

Si facessero un giro: basta comprare un biglietto per una corsa. In questo ci metto anche i rappresentanti sindacali quelli abituati a parlarci e a trattare con i dirigenti.

Faccio mia una frase detta da un magistrato: “In Italia il concetto di tracciabilità si riassume nelle mail e nelle note che vengono scritte per deresponsabilizzarsi”.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

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