“Gli sviluppi del coronavirus puntano ad una parziale materializzazione dei rischi” annunciati durante la presentazione delle stime economiche Ue, “quindi avremo un impatto sicuramente notevole. Ma una valutazione e stima seria non sono ancora possibili. Dipende dalla durata”. Anche il commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, che mercoledì ha presentato a Bruxelles i Country Report sui Paesi europei, ha toccato inevitabilmente il tema degli effetti dell’epidemia che secondo gli analisti rischia di portare tutto il mondo in recessione. Confermando tra l’altro che la flessibilità di bilancio per “circostanze eccezionali” è già prevista dalla regole e potrà dunque essere valutata anche in questo caso. Roma potrà dunque negoziare su questo fronte quando si tratterà di varare la prossima legge di Bilancio.

In attesa di stime più solide sull’andamento del pil nei prossimi mesi, l’Italia insieme a Cipro e alla Grecia resta nella lista dei Paesi con squilibri macroeconomici eccessivi. Il problema principale come sempre è l’elevato livello del debito pubblico in rapporto al Pil. Un rapporto che, nota la Commissione, è “ancora in crescita” e dovrebbe toccare quest’anno il 136,8%, “anche se i piani del governo stanno diventando più compatibili con una riduzione del debito”. La crescita potenziale “rimane insufficiente ad assicurare una rapida riduzione del debito”.

“Miglioramenti sostanziali nella lotta all’evasione, passi indietro sulle pensioni” – Bruxelles elenca nel dettaglio gli ambiti in cui l’Italia ha registrato qualche miglioramento e quelli in cui è peggiorata. In particolare “è stata fatta una marcia indietro rispetto a riforme che aumentavano la sostenibilità del sistema pensionistico, rendendo più impegnative le sfide poste dal bilancio”. E nessun progresso è stato fatto per quanto riguarda la rimozione degli ostacoli alla concorrenza nel commercio al dettaglio e nei servizi. In compenso il Paese ha fatto progressi “sostanziali” sulla lotta all’evasione grazie alle misure che incentivano i pagamenti elettronici e scoraggiano la pratica delle omesse fatturazioni, oltre ad “alcuni” passi avanti nel garantire “che il mercato del lavoro e le politiche sociali siano effettivamente integrate e raggiungano i gruppi più deboli”, nel “rendere la pubblica amministrazione più efficace”, nel “favorire la ristrutturazione del bilancio bancario” e nel “migliorare il finanziamento non tramite canale bancario per le imprese più piccole e innovative”.

“Progressi limitati nella tassazione del lavoro” – La Commissione registra infine da parte dell’Italia “progressi limitati” nell’allentare “la tassazione del lavoro, ridurre le spese fiscali e riformare il sistema catastale”, “affrontare” il problema del “lavoro sommerso“, “sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro”, migliorare “i risultati scolastici, anche attraverso investimenti adeguati e mirati, e promuovere l’upskilling”, ridurre “la durata dei processi civili, applicando e razionalizzazione delle norme procedurali” e infine “migliorare l’efficacia della lotta contro la corruzione, riformando le norme procedurali per ridurre la durata dei processi penali”. La Ue “promuove” tra l’altro la riforma della prescrizione firmata dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Però “l’azione volta ad attuare l’agenda delle riforme è ripartita”, si legge nella comunicazione al Parlamento, al Consiglio della Bce e all’Eurogruppo. Bruxelles “continuerà a valutare gli sviluppi e le misure prese nell’ambito del quadro di monitoraggio specifico”.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la crescita dell’occupazione è stata concentrata nei settori ad alta intensità di lavoro e basso valore aggiunto. La maggior parte dei 151.200 posti aggiuntivi registrati tra terzo trimestre del 2018 e terzo trimestre 2019 è stata generata nel settore dei servizi e nelle regioni del Nord. Ma il problema è che “più si creano posti in settori meno produttivi, più si riduce la produttività aggregata e i salari medi“. L’indicazione di Buxelles è – ancora una volta – quella di aumentare il gettito delle imposte sui consumi (Iva) e sul patrimonio (reintroducendo l’Imu prima casa e rivedendo i valori catastali) per ridurre le imposte sul lavoro.

“Usare fondi Ue per riconversione verde di Taranto e Sulcis” – Quanto alle indicazioni per il futuro, la Ue conferma che l’Italia dovrebbe indirizzare verso la riconversione ‘verde’ dell’area di Taranto e le zone carbonifere del Sulcis-Iglesiente, in Sardegna, i 364 milioni che dal 2021 saranno messi a disposizione dal nuovo Fondo europeo per la transizione equa (Just transition fund). Secondo i calcoli di Bruxelles, il nuovo strumento da 7,5 miliardi mobiliterà in Italia 4,868 miliardi d’investimenti. La zona di Taranto, ricorda il report, “dipende pesantemente dall’acciaieria, che occupa 10mila addetti più 10mila nell’indotto. Questi posti sono a rischio”. Di qui l’indicazione di investire in tecnologie e infrastrutture per l’energia pulita, l’efficienza e le rinnovabili, anche nei siti industriali ad elevate emissioni, investire nella creazione di nuove aziende, migliorare le competenze dei lavoratori e riqualificarli e offrire servizi di inclusione attiva a chi cerca lavoro.

“Squilibri eccessivi” dal 2012 – L’Italia ha squilibri “gravi” o “eccessivi” da quando la Commissione ha iniziato a pubblicare rapporti sugli squilibri macroeconomici. Nel 2012 soffriva di “squilibri gravi”, scriveva la Commissione, anche se “non eccessivi”, ma che “devono essere affrontati”. Il debito pubblico alla fine del 2011 era pari al 116,5% del Pil. Nel 2013, “l’alto debito”, la “perdita di competitività” e la “sottostante performance produttiva stagnante” restavano i principali squilibri della nostra economia. Alla fine del 2012, il debito pubblico era schizzato al 123,4% del Pil. Nel 2014, l’Italia per la Commissione soffriva di squilibri macroeconomici “eccessivi”, insieme a Slovenia e Croazia. Alla fine del 2013, il debito era salito al 129% del Pil. Idem nel 2015: il nostro Paese aveva squilibri macroeconomici “eccessivi”, con rischi legati in particolare al “debito pubblico molto alto”, intorno al 131,5% del pil. Idem nel 2016 (debito/pil sopra il 131%) e nel 2017. Nel 2018 il debito/pil ha raggiunto il 134,8%. Nel 2019, per il sesto anno consecutivo, l’Italia rimaneva segnata da squilibri macroeconomici “eccessivi”, insieme a Grecia e Cipro, come quest’anno. Il debito a fine 2018 ha superato di slancio il 132% del Pil.

In Germania e Olanda troppo surplus delle partite correnti – Anche altri nove Paesi presentano qualche squilibrio. Si tratta di Germania, Irlanda, Spagna, Olanda, Francia, Croazia, Portogallo, Romania e Svezia. “In Germania e Olanda, nonostante alcune correzioni e progressi a livello di politiche, persistono ampi surplus delle partite correnti“, scrive la Commissione Ue nei Country Report pubblicati oggi. Spagna, Portogallo, Irlanda e Croazia “hanno vulnerabilità legate a debito privato, pubblico e con l’estero”. In Francia invece “il debito pubblico non scende e, nonostante alcuni progressi, la crescita della produttività resta sommessa”. In Svezia “i prezzi delle case restano estremamente alti, e salgono i debiti delle famiglie”. In Romania, “persistono vulnerabilità legate alla perdita di competitività e al deficit che si allarga, in un contesto di forti politiche espansionistiche”.

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