La norma che prevede le sanzioni disciplinari per i magistrati che non rispettano i tempi determinati dei processi non piace al sindacato delle toghe. Per questo motivo l’Associazione Nazionale Magistrati diserterà il Tavolo tecnico convocato dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, con gli operatori della giustizia sulla riforma del processo penale. Nel testo,spiega la giunta, ci sono proposte “irricevibili” ed è “inaccettabile” soprattutto “l’ingeneroso e immeritato messaggio di sfiducia nei confronti dei magistrati italiani”.

In una lunga nota la giunta dell’Anm si dice “consapevole del fondamentale ruolo di interlocutore sulle proposte di riforma” e sottolinea di aver per questo “finora partecipato” ai ‘tavoli tecnicì convocati dal Ministro della Giustizia. Ma la riforma del processo penale contiene profili “irricevibili”, secondo il sindacato delle toghe. A partire dalla “semplicistica idea, apparentemente frutto di una visione ingenua del processo, di determinarne per legge la durata, trattando allo stesso modo vicende di complessità molto diversa e dimenticando che uno dei fattori della durata dei processi è anche lo scrupolo nell’accertamento dei fatti e, in ultima analisi, la necessità di apprestare una piena tutela dei diritti dei cittadini, siano essi parti di un giudizio civile, imputati o persone offese”.

Secondo l’Anm è “frutto della stessa irrealistica idea” è la nuova disciplina della durata delle indagini preliminari, “accompagnata dalla pericolosissima ‘sanzione processuale‘ della ostensibilità degli atti di indagine, che avrà come inevitabile effetto il depotenziamento del contrasto alle forme più articolate e aggressive di criminalità, organizzata e non, ancora una volta con danno per l’intera collettività”.

Ma a rendere il tutto “inaccettabile”- continua l’Anm – è che “tali previsioni siano accompagnate dall’introduzione di ulteriori sanzioni disciplinari a carico dei magistrati. Si tratta, nella sostanza, di una ‘norma manifesto’, che cede alla facile tentazione di scaricare sui singoli magistrati le inefficienze del sistema che, come tali, sono, invece, esclusiva responsabilità della politica”. Ragioni che l’Anm ha illustrato negli incontri al ministero della Giustizia, ma che sono rimaste “del tutto inascoltate“. “Siamo stati perciò costretti, nostro malgrado, a comunicare al Ministro della Giustizia che non parteciperemo al Tavolo tecnico convocato per il 26 febbraio 2020 e che, fino a quando nel testo del ddl saranno contenute previsioni di questo tipo, riteniamo di non poter avere alcuna interlocuzione”, conclude la giunta.

La riforma del processo penale, infatti, prevede nuovi termini perentori per le indagini preliminari. Per indagare il pm avrà tra i sei e i diciotto mesi di tempo, a seconda dei tipi di reati, e potrà chiedere al giudice la proroga per una sola volta. Verranno aperti procedimenti disciplinari per i pm che non rispettano i tempi per “dolo o negligenza inescusabile”. E quelli che entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo restano “inerti”, avranno l’obbligo di depositare gli atti di indagine compiuti. E chi non lo farà, sempre per dolo o negligenza inescusabile, compirà un illecito disciplinare. In pratica se entro tre mesi il pm non ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini (cioè l’atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio) o non ha chiesto l’archiviazione, scatta la tagliola: il pubblico ministero sarà obbligato a notificare “senza ritardo” all’indagato e alla persona offesa dal reato “l’avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate “, informandoli della facoltà “di prenderne visione ed estrarne copia”. Insomma: se la pubblica accusa non rispetta i tempi dovrà giocare a carte scoperte con l’accusato. Un motivo in più per procedere più veloci, anche se le toghe non sono d’accordo.

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