È proprio buffo che una persona che afferma di non voler dare lezioni di etica e morale poco prima degli applausi concluda dicendo che chi sceglie di abortire pratica uno “stile di vita incivile per il 2020”. Quindi dal 22 maggio del 1978 lo Stato ci ha permesso di essere incivili, il che – a quanto sembra – equivale all’essere libere di esercitare un diritto regolarmente previsto dalla legge n. 194.

Qui però il problema – oltre che di carattere morale – sembrerebbe anche pratico: prima di tutto, Matteo Salvini ci tiene a specificare che le donne che hanno fatto richiesta di interruzione di gravidanza in pronto soccorso a Milano – da quel che gli hanno raccontato le infermiere – non erano né di Roma, né di Milano. Se siano residenti ad Algeri, a Rabat o a Cinisello Balsamo, non ci è dato saperlo. Nell’ultimo rapporto del ministero della Salute, si legge che il 30% sul totale degli aborti è richiesto da donne straniere, quasi tutte residenti o domiciliate nella città di riferimento. Nelle parole di Salvini, dunque, potremmo leggere del fastidio per il fatto che donne straniere usufruiscano di un servizio pubblico, a voler essere pessimisti. Facciamo finta di no, e andiamo avanti.

Seconda complicazione di natura pratica: non si può andare in pronto soccorso per fare un’interruzione volontaria di gravidanza. Quindi Salvini dovrà spiegarci chi è che pratica Ivg in situazioni di primo soccorso, dove e come, perché non è previsto dalla legge, dunque la morale mi sembra l’ultimo dei problemi. Se c’è un medico nascosto in uno stanzino d’ospedale che pratica procedure di Ivg ai codici bianchi in attesa di visita, che ce lo faccia sapere immediatamente, perché sarebbe uno scenario quasi da thriller.

Le procedure sono ben più lunghe e l’effettiva interruzione di gravidanza può avvenire solo in strutture ospedaliere o cliniche convenzionate, entro i 90 giorni dal concepimento. Secondo l’ultima relazione del ministero della Salute, nel 2017 sono state praticate circa 80.700 interruzioni di gravidanza, in calo del 5% rispetto all’anno precedente. Salvini, però, non ha potuto tacere di fronte alla presunta emergenza: certe donne – quelle né di Roma né di Milano – si sono recate in pronto soccorso (?) per abortire ben sei volte.

Innanzitutto, è veramente ammirevole la pazienza e la costanza con cui gli infermieri sono riusciti a memorizzare il numero di presenze in pronto soccorso delle suddette donne per poi andare a spettegolare dati informali su cui – minaccia Salvini – “la Lega sta facendo ulteriori verifiche”. In secondo luogo, anche fosse, leggendo il rapporto del ministero della Salute, emerge che solo lo 0,9% delle donne che sceglie l’Ivg l’ha già praticata quattro o più volte. Ma di sicuro quell’una su cento è proprio la protagonista della storiella del segretario della Lega.

Il dato veramente incivile è solo uno: continuiamo a popolare le strutture pubbliche di medici obiettori di coscienza (il 68,4% dei ginecologi italiani lo è) e ci vantiamo della diminuzione del numero degli aborti. Certo, le Regioni sono state incaricate di sorvegliare su questo diritto delle donne: in ogni struttura ospedaliera deve essere garantita la possibilità di abortire. Questo escamotage ha dato, come unico risultato, una presenza sempre più carente di medici non obiettori, costretti a un carico di lavoro esclusivamente dedicato alle Ivg, perché sarebbe impossibile altrimenti. Molise, 97% di medici obiettori. Un solo ginecologo che passa le sue settimane tra un’Ivg e l’altra.

È incivile attaccare un diritto che negli anni ha permesso di tirar fuori le donne dall’opzione dell’aborto clandestino, permettendo un’alternativa sicura. È incivile che nel 2020 ci si debba ancora vergognare di aver scelto l’aborto e che si debbano ricevere sguardi di disappunto alla semplice affermazione “non voglio avere figli”. È incivile continuare a tuonare contro l’aborto e lasciare da parte le ragioni di questa scelta, che sono anche di natura sociale e possono dipendere dalle scelte di welfare che lo Stato mette in campo. È incivile affermare che l’aborto non è un contraccettivo e poi rifiutare di impegnarsi per una contraccezione gratuita e un’educazione sessuale strutturale nei percorsi scolastici. È incivile, infine, usare le motivazioni di ogni donna che sceglie di abortire per raccogliere qualche applauso e una manciata di voti. Il corpo delle donne non è servo di nessuno, tantomeno degli scopi elettorali di chi tra un family day e l’altro vuole spiegarci cos’è la civiltà.

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