L’Istat fotografa un’Italia con sempre meno residenti. Secondo il rapporto sugli indicatori demografici, nell’ultimo anno la popolazione è scesa di 116mila unità, un calo che continua da cinque anni consecutivi. La riduzione si deve al rilevante bilancio negativo della dinamica di nascite e morti, risultata nel 2019 pari a -212mila unità. È il livello più basso di “ricambio naturale” degli ultimi 102 anni. Per 100 persone decedute arrivano soltanto 67 bambini (dieci anni fa erano 96). Dati attenuati solo parzialmente da un saldo migratorio con l’estero ampiamente positivo (+143mila). Le ordinarie operazioni di allineamento e revisione delle anagrafi comportano, inoltre, un saldo negativo per 48mila unità.

Il calo della popolazione si concentra prevalentemente al Sud (-6,3 per mille) e in misura inferiore nel Centro (-2,2 per mille). Al contrario prosegue il processo di crescita della popolazione nel Nord (+1,4 per mille). Lo sviluppo demografico più importante si è registrato nelle province autonome di Bolzano e Trento, rispettivamente con tassi di variazione pari a +5 e +3,6 per mille. Rilevante anche l’incremento di popolazione osservato in Lombardia (+3,4 per mille) ed Emilia Romagna (+2,8).

La Toscana, pur avendo un tasso di variazione negativo (-0,5 per mille), è la regione del Centro che contiene maggiormente la flessione demografica. Molto più critiche le condizioni di sviluppo demografico delle regioni del Mezzogiorno. La migliore di esse è la Sardegna, che ha viaggiato nel 2019 a ritmi di variazione della popolazione pari al -5,3 per mille. Particolarmente problematica è la situazione demografica di Molise e Basilicata, che nel volgere di un solo anno hanno perso circa l’1% delle rispettive popolazioni.

Il numero medio di figli per donna è di 1,29, mentre è di 32,1 anni l’età media al parto. È rilevante il contributo alla natalità delle immigrate: circa un quinto delle nascite del 2019, infatti, è da parte di madre straniera. Nel 2019, come ormai da qualche anno, la fecondità più elevata si manifesta nel Nord del Paese (1,36 figli per donna), ben davanti a quella del Mezzogiorno (1,26) e del Centro (1,25). Emerge dunque una discreta correlazione tra numero di nascite e sviluppo economico e sociale della regione di residenza.

Infine, la speranza di vita alla nascita è di 85,3 anni per le donne, mentre è di 81 anni per gli uomini. Per entrambi i gruppi l’incremento rispetto al 2018 è pari a 0,1 decimi di anno, corrispondente a un mese di vita in più. Si segnala, inoltre, un ulteriore rialzo dell’età media: 45,7 anni al primo gennaio 2020.

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