Era partita insieme a due coetanee nel 2015 per raggiungere la Siria, via Turchia, e unirsi allo Stato islamico: le ultime immagini di Shamima Begum in Europa risalgono proprio al check in a Gatwick. Le due amiche che erano con lei, Kadiza Sultana e Amira Abase, sono state uccise dai raid aerei, ma lei è viva. Vuole tornare a casa e riottenere la cittadinanza britannica che le è stata revocata l’anno scorso, ma il tribunale britannico gliel’ha negata. Il ricorso della giovane ‘sposa di Allah’, che ora ha 20 anni e che nel 2019 è stata ritrovata dai media in un campo profughi siriano, è stato bocciato dalla Special Immigration Appeals Commission, corte “semi segreta”, come la definisce la Bbc, che si riunisce a porte chiuse e che ha riconosciuto come legittimo il provvedimento di revoca della cittadinanza del Regno Unito adottato mesi fa dall’allora ministro dell’Interno conservatore Sajid Javid.

Il tribunale ha motivato il no sostenendo che Begum può chiedere la nazionalità del Bangladesh, Paese d’origine della famiglia dove peraltro lei non ha mai vissuto. Un mostro giuridico, secondo il suo avvocato, che ha annunciato un ulteriore “appello urgente” alle istanze di giudizio superiori. La giovane chiede di poter rientrare nel Regno per ragioni umanitarie: ha avuto tre figli dal foreigh fighter olandese Yago Riedijk, che aveva sposato dieci giorni dopo essere arrivata in Siria. I piccoli sono tutti morti. Amira Abase aveva invece sposato un jihadista australiano di 18 anni, Abdullah Elmir, a luglio 2016, mentre Kadiza Sultana si era unita a un combattente dell’Isis americano di origini somale, ucciso poco tempo dopo da un raid russo. Aveva detto alla famiglia di essere delusa dalla vita a Raqqa, ma aveva paura a ripartire.

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