C’è caos. Le grida si fanno via via più forti. Vola qualche parolaccia. Le telecamere sono tutte per lui. I giornalisti, coi microfoni sotto la sua bocca, lo marcano stretto. Poco più in là, lo spacciatore aspetta. Sa che toccherà pure a lui. Matteo Salvini saluta i sostenitori e rassicura: “Non mollo”. Poi si separa dalle tv. E lontano da collaboratori e cronisti, si trova faccia a faccia con lo spacciatore. Una pacca sulla schiena, poi la stretta di mano seguita da uno scambio di parole. C’è deferenza, nel gesto. Un rispetto vicendevole.

La fatidica domanda che sta facendo il giro del web e dei giornali (“scusi, lei spaccia?”), a quanto risulta, non gliela rivolse. Era il 16 dicembre del 2018, Arena civica di Milano. L’allora ministro dell’Interno partecipò alla festa della curva Sud del Milan. E fraternizzò con Luca Lucci. Trentanovenne, capo indiscusso degli ultras rossoneri, è stato definito dai giudici “un soggetto pericoloso” capace “di piazzare grossi carichi di droga” anche grazie alla sua “collaborazione con soggetti di elevato spessore criminale”. Nel 2009 sferrò un pugno al tifoso interista Virgilio Motta, facendogli perdere un occhio (si suiciderà tre anni dopo) e il Tribunale lo condannò a quattro anni e sei mesi di reclusione per lesioni. Nel 2018, l’arresto per droga e il successivo patteggiamento a un anno e mezzo. Nel giugno del 2019, infine, il sequestro di beni per un milione di euro. Prima applicazione, in Lombardia, di una misura di prevenzione patrimoniale a carico di un esponente delle tifoserie organizzate.

In un mondo dove parole e azioni mantengono ancora un significato che va oltre alla superficiale scrollata di spalle che bolla tutto come “trovata” o “provocazione”, il gesto di ieri sera del leader della Lega che va a citofonare in diretta Facebook a casa di un presunto spacciatore (la segnalazione è di una residente di quel quartiere, il Pilastro a Bologna, che lo sta accompagnando) è vigliacco e pericoloso. Vigliacco, perché Salvini si mostra forte coi deboli e debole coi forti. Si accanisce su un cittadino tunisino in favore di telecamera (da brividi la sua domanda preliminare: “Ma è occupante abusivo?”) gettandolo in pasto a chi si fa sopraffare dalla mai sopita narrazione secondo cui “se è diverso da me allora vale necessariamente meno di me”; allo stesso tempo, però, stringe le mani e si fa fotografare con chi – dicono i giudici – ha legami con la criminalità organizzata e gestisce gli umori all’interno di una curva calcistica.

Ma il gesto dell’ex vicepresidente del Consiglio, come dicevo, è anche pericoloso. Intanto, banalmente, per una questione di logica: se il tunisino è davvero uno spacciatore, Salvini ha esposto al rischio di ritorsioni la signora che ha fatto la segnalazione; se il tunisino non è uno spacciatore, Salvini ha messo alla gogna un innocente. Al di là di ciò, bisogna essere ipocriti per non ammettere che quanto fatto dal leader del Carroccio sia discriminatorio e fomenti l’odio. L’ex ministro dell’Interno, con quel gesto, sta dando l’esempio: sei immigrato, sei straniero? Ok, molto probabilmente sei “occupante abusivo”. In più vengo a casa tua perché sei uno spacciatore (è assodato, me lo ha detto una residente) e pronuncio il tuo nome e il tuo cognome di fronte a milioni di italiani. Per un caso analogo, lo scorso novembre, due consiglieri di Fratelli d’Italia, Galeazzo Bignami e Marco Lisei, sono stati segnalati al garante della privacy e alla Camera è stata presentata un’interrogazione alla titolare del Viminale.

Oggi Salvini è in Calabria: andrà a citofonare a casa di qualche ‘ndranghetista?

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