di Donatello D’Andrea

Qualche giorno fa Matteo Salvini, o meglio la sua “Bestia”, ha pubblicato uno dei sui numerosissimi post in cui, per l’ennesima volta, brutalizzava un giovanissimo ragazzo, una sardina, sottolineando alcune sue “incertezze” nel momento in cui era impegnato a tenere un discorso a San Pietro in Casale, dieci giorni prima delle elezioni regionali in Emilia Romagna.

Tralasciando il fatto che il giovane Sergio è un ragazzo affetto da Dsa e che è normale per un 21enne avere qualche tentennamento di fronte ad una platea, ciò che varrebbe la pena sottolineare di questa vicenda è altro. Qualcosa di davvero preoccupante.

La “canzonatura” espressa dall’ex ministro dell’Interno, lo stesso che aveva espresso irritazione per un articolo di Repubblica titolato “Cancellare Salvini”, ha raccolto il consenso dei suoi elettori, che in una moderna e davvero triste “caccia alle streghe” si sono scagliati contro il giovane Sergio Echamanov. Ed è facile immaginare il tenore di tali commenti.

La gogna mediatica a cui quasi a cadenza quotidiana Matteo Salvini, un esponente di spicco della Repubblica italiana, espone i suoi detrattori ha davvero dell’inquietante. L’odio che si riversa nei commenti dei suoi post conferma, una volta per tutte, lo sdoganamento dell’odio e la sua “istituzionalizzazione”.

Questa moderna macchina del fango ha già mietuto diverse vittime. In molti ricorderanno la vicenda della giovane ragazza che per caso incontrò un ronfante Salvini in un treno e che ebbe l’ardire di scattarsi un selfie alzando il dito medio. Il post della Bestia non tardò ad arrivare e i commenti che si susseguirono toccarono livelli davvero bassi.

Se prima augurare uno stupro, una morte dolorosa o qualsivoglia dolore fisico, psichico o sociale era una “punizione” davvero oltre il limite della moralità (e della legge), oggi le cose sono profondamente cambiate. La politica, quella che dovrebbe rappresentare la “parte migliore” di un popolo ha assecondato, incitato e addirittura sdoganato una violenza verbale, figlia di un odio sociale di una parte di un Paese che forse attendeva solo l’uomo giusto per cominciare ad odiare.

La cosa però non finisce qui. Per quanto possano risultare terribili e inquietanti le avvisaglie a cui quotidianamente Matteo Salvini espone i suoi detrattori, c’è dell’altro. Queste ultime hanno la triste conseguenza di trasformare la vita del malcapitato in un inferno a causa del rischio di ripercussioni anche fisiche. Sergio ha perso il suo lavoro (faceva il venditore porta a porta), la giovane ragazza precedentemente citata è stata costretta a chiudere il suo profilo Instagram.

L’odio sdoganato da personaggi politici di cotanta irresponsabilità, prima o poi, potrebbe portare a qualcosa di grave, molto più grave di un commento sarcastico sull’aspetto fisico, sull’insicurezza o quant’altro. E ciò che più preoccupa è la privazione della libertà che un giovane attivista politico è costretto a subire a causa di questa acuta forma di bullismo “social”.

Urge una seria presa di posizione, la quale finalmente costituirebbe un “precedente illustre” da parte degli organi predisposti alla tutela della libertà di ogni individuo di poter dire la sua senza finire sui social, sbeffeggiato da un personaggio pubblico che gode di una vasta platea di sostenitori.

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