E così la nostra “Giorgia, donna, madre e cristiana nazionale” ha conquistato le cronache internazionali come una delle venti persone che, secondo il Times, “possono plasmare il mondo”. Che dire? Che pensare? Facendo finta per un attimo di non conoscere l’unica e sacrosante verità, sancita definitivamente da Filippo Ceccarelli, che questi elenchi in fondo di fine anno “lasciano il tempo che trovano”, proviamo a darci una risposta.

Bisogna dargliene atto, Giorgia Meloni è riuscita a diventare un’icona pop. Merito suo e della sue essenza popolana prima che degli autori del famigerato rap che l’ha solo aiutata a entrare nell’empireo internazionale (esagerazione voluta). È proprio lei ad essere così, nel bene e nel male: tutta slogan e niente contenuti, tutta semplicità (semplificazione) e niente complessità, tutta “gente” e niente élite. Una forza dirompente, un caterpillar social e virale.

Giorgia rappresenta alla perfezione una destra ventre a terra, una destra “bassa”, di pancia, plebea prima che populista. È la sua grande forza in un panorama che sembra volere proprio questo, solo questo, inesorabilmente questo. Lei lo sa e ci investe tutto. Investe tutto – ed è paradossale per il suo mondo di provenienza – nella sua essenza antipolitica, per nulla avanguardista, per nulla aristocratica. Giorgia è il perfetto antieroe: come Salvini, ha successo proprio perché è come tutti, perché assume su di sé la mediocrità dominante. Non ha nulla, ma proprio nulla, degli eroi fantastici o dei cavalieri medievali tanto cari alla tradizione della “sua” destra. La cifra della Meloni è esaltare la paura che pervade la comunità, non certo il coraggio che servirebbe.

Giorgia ha tradito Frodo e anche Atréju. Si è accontentata di interpretare una qualsiasi ostessa di una qualsiasi bettola di paese, la barista di una qualsiasi balera di periferia. Dice le cose che tutti vogliono sentirsi dire. Buon per lei. Però una cosa va detta, a onor del vero. Gli osti possono avere successo ma non cambieranno mai il mondo. Possono diventare famosi ma no, non riscriveranno mai la storia di una comunità, di un paese, di una nazione. Dimenticatevi Re Artù. Ma Giorgia, questo, lo sa bene. Forse non sembra, ma Giorgia si accontenta: di essere diventata un’icona pop, di inseguire gli istinti, di far ballare al ritmo dei suoi slogan. Questa è la sua forza. Ma è anche tutta la sua profondissima debolezza.

Perché tutti sanno, in cuor loro, che se Giorgia nazionale potesse davvero plasmare il futuro, il mondo non sarebbe un bel posto dove vivere: solo muri e niente ponti.

I nuovi Re di Roma

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