La Turchia le ha già utilizzate e sostenute per conquistare la cittadina siriana a maggioranza curda di Afrin, nel 2018, e nell’operazione Fonte di Pace nel nord-est della Siria. In entrambi i casi i loro componenti, alcuni dei quali ex membri dello Stato Islamico o di formazioni jihadiste locali, si sono macchiati di violenze, stupri, uccisioni sommarie ed estorsioni ai danni dei civili. Ma oggi, secondo quanto riferito da Bloomberg che cita un alto funzionario del governo di Tripoli, Ankara è pronta a inviare di nuovo i gruppi di ribelli siriani filo-turchi per combattere al fianco degli uomini del Governo di Accordo Nazionale di Fayez al-Sarraj e respingere l’offensiva del generale Khalifa Haftar sulla capitale. Tutto nell’ambito del sostegno militare offerto dalla Turchia e richiesto da Tripoli che il Parlamento di Ankara dovrà approvare nel voto del prossimo 7 gennaio.

Militari e ribelli al fianco di al-Sarraj
In attesa che l’assemblea turca si esprima, la portavoce dell’esercito, Nadide Sebnem Aktop, ha ribadito che le forze armate sono “pronte a svolgere qualsiasi compito in patria e all’estero”. Ma l’invio di truppe paramilitari siriane legate ad Ankara non è legato al parere del Parlamento. Ragione per cui i miliziani potrebbero essere spediti nel Paese nordafricano in tempi ben più ristretti, tenendo conto che dalla parte del generale Khalifa Haftar si sono già schierati anche il gruppo paramilitare russo Wagner Group, vicino a Vladimir Putin, e i miliziani delle Forze di supporto rapido (Rsf) sudanesi.

A sostenere la tesi diffusa da Bloomberg sono anche altre fonti dell’opposizione siriana sentite da Middle East Eye. Una di queste ha precisato che il governo di Recep Tayyip Erdoğan ha già preso contatto con alcune fazioni siriane, tra cui le Brigate Suqour al-Sham, che hanno già accettato e, con alcune unità, si sono già spostate in Turchia in attesa del trasferimento in Libia. Una fonte turca, sentita sempre dal Middle East Eye, ha riferito che la Divisione Sultan Murat, gruppo armato di turcomanni siriani, arriverà in Libia insieme ad altre forze.

Al comando di queste truppe paramilitari ci saranno gli uomini di Faylaq al-Sham, accusati di crimini di guerra nelle azioni condotte nel nord della Siria: “Le forze di Tripoli hanno inviato armi e munizioni per aiutare i ribelli siriani nel 2011. Hanno persino inviato loro comandanti ad aiutarli – ha detto la fonte siriana – Faylaq al-Sham ha ricambiato il favore nel 2013 con l’invio di ufficiali con compiti di consulenza a favore delle forze di Tripoli contro le forze di Bengasi“.

Militari di Haftar: “Abbiamo preso l’aeroporto di Tripoli”
Continua intanto l’avanzata delle milizie fedeli all’uomo forte della Cirenaica impegnate nell’offensiva su Tripoli. L’autoproclamato Esercito Nazionale Libico (Lna) legato ad Haftar, secondo diversi tweet diffusi da al-Arabiya, fa sapere di aver preso il controllo dell’aeroporto di Tripoli, chiuso dal 2014, di alcuni depositi di carburante, del ponte al-Frosseya e del campo militare di al-Naqlia, ribadendo che l’avanzata delle forze della Cirenaica continuerà fino a quando la capitale non sarà finita sotto il loro controllo. Sempre secondo l’emittente, violenti scontri sono in corso sulle strade che portano al centro della capitale. “Nelle prossime ore ci saranno sorprese per tutti i libici”, ha aggiunto il portavoce di Haftar, il generale Ahmed al Mismari.

Il 7 gennaio parte la missione Ue in Libia: ne farà parte anche l’Italia
Mentre sul campo la situazione si fa sempre più critica, in vista dell’entrata in scena delle milizie legate ad Ankara, in Europa si tenta ancora di arrivare a una soluzione politica del conflitto. Per questo, mentre sono ancora in corso i preparativi in vista della conferenza di Berlino, il 30 dicembre alti funzionari dei ministeri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito si riuniranno a Bruxelles per preparare la missione Ue già annunciata dal capo della Farnesina, Luigi Di Maio, di ritorno dal suo viaggio diplomatico in Libia, dove ha incontrato, tra gli altri, al-Sarraj e Haftar.

Missione che partirà, come si legge sul sito del Ministero degli Esteri libico, il 7 gennaio e sarà guidata dall’Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, che lo ha deciso nel corso di un colloquio telefonico con il capo della diplomazia libico, Mohammed Taher Syala. Della missione faranno parte i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito. “Si tratta di un importante passo avanti ma stiamo ancora definendo alcuni dettagli. L’unica soluzione possibile alla crisi libica è politica e non militare”, affermano fonti della Farnesina.

Intanto, da Roma la vice ministra degli Esteri, Marina Sereni, ha ribadito che per il governo italiano “la situazione in Libia resta estremamente preoccupante”: “Per l’Italia, la Libia è il principale dossier internazionale, siamo il Paese più interessato a impedire un’ulteriore destabilizzazione e deterioramento della situazione sul terreno che comporterebbe per l’intera regione del Mediterraneo nuovi pericoli per la sicurezza”.

Sereni ha aggiunto, come già dichiarato da Giuseppe Conte e Di Maio, che il primo obiettivo è quello di arrivare a un cessate il fuoco duraturo e ” impedire che attori esterni alla Libia provochino l’escalation, in particolare attorno a Tripoli. In tale scenario i libici, e in particolare i civili, sarebbero le prime vittime” di quella che è già stata definita una “guerra per procura” simile a quella combattuta in Siria. “In questa direzione, è fondamentale che l’Unione europea parli con una voce sola, superando ogni possibile distinzione tra gli Stati membri maggiormente interessati, e che gli Stati Uniti – ha concluso – concordino e partecipino attivamente per interrompere quella che ogni giorno di più rischia di diventare una guerra per procura”.

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