Sono qui seduto nella stube, purtroppo temporanea, del Four Season di Milano. Ok, frenate le battute “ah ecco guardalo lui il ricco, etc…”. Sto bevendo un tè, nulla di complesso, e come complimentary sgranocchio degli ottimi biscottini di frolla.

Non ho deciso di scrivere qui questa analisi per un caso del destino. Lo considero uno studio sociale e adesso vi spiego per quale ragione sono qui. In questo hotel, come nella maggioranza delle soluzioni di ospitalità milanese del centro, sono presenti ospiti di ogni gruppo etnico e filosofico-religioso.

Nell’ora che ho passato riflettendo cosa scrivere ho visto passare una coppia di Sikh (con il classico turbante maschile), una famiglia di persiani Shirazi (mi sono soffermato a parlare con loro, per capire che venivano dalla perla della Persia), una coppia araba con la signora che indossava un abbigliamento molto coprente ma pur sempre elegante, due giovani turiste cinesi e così via. Ho visto e sentito anche molti occidentali: russi, francesi, inglesi e via di seguito.

Mentre gli shirazi si sono seduti al mio tavolo, con i bambini che esploravano la stube, i sikh e gli arabi si sono accomodati su altri tavoli. Alcuno sorbivano un tè, altri una cioccolata con panna. Gli Shirazi han preso un tè e, approfittando della nostra comune vicinanza, mentre la mamma teneva d’occhio i suoi bimbi, dialogavo con il padre.

In Persia (o Repubblica iraniana, la differenza è più che semantica) la maggioranza della popolazione è ufficialmente Sciita. Vi sono poi minoranze sunnite ai confini con l’area araba, e una presenza sotto i radar di Zoroastriani (l’antica religione della Persia pre-espansione islam). Mi spiega lo Shirazi (come dire da noi il milanese) che il Natale non è una festa zoroastriana, ma dai mussulmani è pur sempre vissuta come il giorno in cui è nato un profeta (per la religione islamica Cristo non era il figlio di Dio ma un suo profeta).

Quindi per la religione mussulmana, che unendo Sunni Shia e Sufi fa circa 2 miliardi di fedeli (il 23% della popolazione mondiale), Cristo è pur sempre uno che conta. Non sarà una “carica importante” come quella del figlio di Dio, ma ricordiamoci che la massima carica (dopo Dio) nella religione mussulmana sono i profeti (il più famoso è Maometto, ma sono 25 in totale). Dialogando mi spiega che per loro il Natale non è una festa vissuta con spirito cristiano (per forza, si direbbe, son mussulmani), ma è comunque una festa che festeggiano, forse con un tono più consumistico, ma che è famosa in Iran.

Sempre riprendendo come esempio gli altri ospiti della stube, la coppia di giovani cinesi, che intanto sta leggendo una rivista di moda per decidere probabilmente dove fare shopping, è un altro esempio. La Cina con le religioni non ha mai avuto un grande rapporto. Tuttavia, ora che deve mirare al consumismo per mantenere la sua economia, vede bene il Natale.

I cinesi sono gente adorabilmente pratica. Il tema religioso non gli interessa (salvo per i cinesi cristiani diversi milioni) ma il tema shopping certamente. Si sentono offesi dal Natale? A meno che questo metta in pericolo il governo cinese (cosa di cui dubito) ai cinesi il Natale va benissimo. E i cinesi, per la cronaca, sono circa 1,2 miliardi di persone.

In India, guardando la coppia sikh, la religione è una cosa seria, si deve ammetterlo. Purtroppo si sono registrati casi d’intolleranza contro le fedi mussulmane o cristiane. Tuttavia la comunità indiana presente in Italia, per maggioranza Sikh, sono abituati al Natale e lo festeggiano (sicuramente in un ottica meno religiosa e più consumistica).

Non ho parlato dei russi ortodossi che, comunque, hanno il loro Natale, solo in un’altra data. Vale la pena ricordare che ognuno di queste religioni ha le sue festività (dal Diwali al Nowrouz) e, quando inviano gli auguri per queste festività ai loro amici o a clienti, anche di altre religioni, li inviano come sono nella loro forma originale: nowruz mubarak, happy diwali e così via.

Qualcuno potrebbe spiegarmi chi vuole ammazzare il Natale, quanto meno negli auguri che ricevo in questi giorni? Ricevere (in inglese o italiano) gli “auguri per le festività stagionali” ha stufato. Rispetto tutte le festività delle altre religioni o nazioni, dal capodanno cinese al Diwali, e se posso partecipo anche.

Qualcuno potrebbe dirmi, allora, da dove nasce questa aberrazione del “politicamente corretto” per cui fa “brutto” mandare dei comuni “auguri di Natale”? Mi domando: chi vuole uccidere il Natale come tutti lo conosciamo?

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