In futuro i satelliti saranno riparati direttamente nello spazio orbitale da altri satelliti robotici autonomi. È questo il progetto di sviluppo che sta curando il professor Ou Ma dell’Università di Cincinnati, negli Stati Uniti. Si parla di unità orbitanti intelligenti capaci di operare singolarmente o in modalità collaborativa grazie all’intelligenza artificiale, per effettuare rifornimenti e riparazioni.

Il tema è più importante di quanto si pensi soprattutto perché oggi non solo è in atto una proliferazione dei satelliti, per applicazioni di telecomunicazioni, ma in caso di guasti gli interventi hanno costi proibitivi. Ad esempio per la riparazione e l’aggiornamento del telescopio spaziale Hubble della NASA l’esborso finale è stato di miliardi di dollari. Evidente che per i piccoli satelliti si preferisce non intervenire, contribuendo però all’aumento di detriti.

I grandi satelliti commerciali sono costosi. Finiscono il carburante e sono a rischio di malfunzionamento o guasto”, ha confermato Ma. “Si vorrebbe poter andare lassù e ripararli, ma al giorno d’oggi è impossibile”. La NASA in tal senso ha previsto per il 2022 il lancio di almeno un satellite in grado di rifornire di carburante quelli in orbita terrestre bassa. Il progetto “Restore-L” dovrebbe essere il primo a sostegno dell’idea che in futuro possano essere possibili anche le riparazioni.

Satellite

John Lymer, capo robotico di Maxar, una società specializzata in veicoli spaziali, ha dichiarato a ScienceDaily che oggi nella maggior parte dei casi i satelliti più che rompersi terminano il gas che gli consente di operare. “Ou Ma, con cui ho lavorato per molti anni, lavora su rendez-vous e organizzazione di prossimità. Ci sono tutti i tipi di soluzioni tecniche là fuori. Alcune saranno migliori di altre. Si tratta di fare esperienza operativa per scoprire quali algoritmi sono migliori e ciò che riduce maggiormente il rischio operativo “, ha aggiunto l’esperto.

La prima sfida che sta affrontando il laboratorio dell’Università di Cincinnati è quella della navigazione automatizzata a scopo di attracco. Un tema complesso perché un urto involontario a gravità zero può provocare danni o anche la caduta accidentale dei satelliti.

“È facile farlo cadere nello spazio perché nulla lo trattiene. Quindi il satellite diventa ancora più difficile da afferrare. Se inizia a cadere, può fondamentalmente cadere per sempre. Non si fermerà da solo”, ha sottolineato il prof. Ma. “Abbiamo strumenti di simulazione, quindi da lì possiamo prevederne con precisione il comportamento. Afferrare qualcosa nello spazio è davvero difficile. E afferrare qualcosa che cade nello spazio è ancora più difficile”.

Ad ogni modo lo sviluppo è ancora agli inizi: si parla delle tecnologie di base, non la progettazione di un’intera missione.

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