Se non fosse nato nei Balcani, la sua Wedding & Funeral Orchestra l’avrebbe potuta formare solo in altri due luoghi, sorride il bassista serbo Goran Bregovic: “New Orleans per i funerali e Napoli per i matrimoni”. E’ una delle chicche del calendario cult Di Meo, Associazione Vino ad Arte. Il mese di giugno è invece titolato: dal caos alla poesia. Dal labirinto di vicoli intrecciati di Napoli al Danubio blu che scorre placido in una Belgrado rigenerata.Vittorio Sgarbi scrive invece di fantasmi caravaggieschi.E poi c’è la testimonianza storica di Don Peppì che ricorda dell’incontro segreto fra Churchill e Tito il 12 agosto 1944 sulla terrazza di Villa Rivalta a discutere dei destini del mondo sorseggiando tè, servito in pregiata porcellana cinese, pasticcini Caflish che il fedelissimo e grosso cane lupo di Tito buttò all’aria. E’ questo il corollario che accompagna le bellissime fotografie del maestro Massimo Listri per far rivivere le atmosfere uniche di Belgrado. Sullo sfondo i Balcani così intrecciati a noi nella storia comune, sulle tracce di un ideale gemellaggio tra due città frutto di un tessuto di scambi, nell’arte, nella letteratura.

18 anni fa il primo calendario di una serie di gemellaggi: Napoli/New York; Napoli/Parigi; Napoli/Vienna; Napoli/Madrid; Napoli/Mosca; Napoli/Varsavia; Napoli/Londra…. E’ la formula Generoso e Roberto Di Meo, inventori del formato party itinerante, facendosi aprire monumenti storici solitamente blindati. Quest’anno il Palazzo di Serbia, sede della nomenclatura ancien regime del maresciallo Tito. E comincia la madre di tutti i balli, 18esima edizione. Le 2600 lampadine che formano il rosone della sala della Grande Assemblea si illuminano d’immenso. Un’autentica meraviglia…

Vittorio Sgarbi arriva in ritardo, tenendosi stretta la sua Sabrina Colle, e subito intorno a lui si forma una corte di piume, maschere, code ( di vestiti) e papillon ( di smoking). Nani e ballerini. Il set è molto cinematografico, un po’ da Eyes Wide Shut alla Kubrick. La location pure. E sarebbe piaciuto anche a lui, al maresciallo Tito, che il suo cabinet grande quanto due piscine olimpioniche, un’immensa vetrata sul folliate autunnale, in lontananza il Danubio che il critico più irriverente d’Italia ammirasse le vestigia del suo impero. Lo stesso cabinet dove riceveva capi di Stato, re e regine, l’ultima nel 1972 la regina d’Inghilterra. In confronto quello dei due vicepresidenti sembrano due portinerie…

Dress code, black and white, come il mitico ballo di Truman Capote nella New York degli anni ‘60. Per avere accesso a Palazzo passaggio obbligato sotto il metal detector: la coda del mio bellissimo vestito scolpito dallo stilista Antonio Riva mi è un po’d’intralcio. Io in bianco, mia figlia, Tiare von Meister, in nero. Ahahah, è così che Riva ha interpretato per noi il dress code. Si apre il buffet e mi attovaglio (non sono la sola) al Grande Tavolo delle Grandi Assemblee dei Paesi non allineaiti. Il servizio d’ordine deve considerlo un’offesa. Come oso darmi al mangereccio e profanare un luogo sacro. Ce lo chiudono alle spalle. Mi consolo con il cadeaux delle calze Gallo che il creativo imprenditore Giuseppe Colombo ha fatto realizzare appositamente con i motivi iconografici del palazzo reale.

Quando Sgarbi e Colle salgono la monumentale scalinata in marmo, granito e cristallo anche i pulcinella in bianco e nero, allineati come tanti soldatini, si sono ammosciati e i danzatori serbi davanti al mosaico autocelebrativo di 90 metri di lunghezza e tra colonne in tasselli di mosaico d’oro hanno smesso di piroettare. Siccome G & R Di Meo, garantiscono una due giorni di eventi, il giorno dopo concerto della pianista coreana Mi-Yeon, su un mix di note Chopin e Scarlatti. Sotto lo sguardo compiaciuto del suo fidanzato importante, il finanziere Francesco Micheli. E visita privata alla retrospettiva di Marina Abramovic, l’artista delle performance estreme che sono energia e resistenza, dolore e sublimazione come gli uomini che nudi a testa in giù ingravidano la terra mentre le contadine serbe si alzano le gonne e interagiscono con madre natura. Scena clou: i visitatori passano in mezzo a due corpi nudi per varcare una soglia… Solo iconografia sessista?

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