I sintomi del cambiamento climatico sono sempre più evidenti: temperature in aumento, ghiacci che si fondono, eventi meteorologici estremi, livello del mare che sale, e molto di più. Di fronte a questa situazione c’è chi preferisce tapparsi le orecchie e cercare di ignorare tutto – è perlomeno comprensibile dal punto di vista umano. Ma è molto peggio chi cerca di fare resistenza e continua ad attaccare la scienza del clima, sostenendo che il cambiamento non esiste, non è opera dell’uomo, è un ciclo, il clima è sempre cambiato, eccetera.

E’ una battaglia di retroguardia che ha recentemente raccolto un gruppetto dei più visibili e rumorosi critici nostrani della scienza del clima in un convegno a Verona. Vale la pena leggersi il resoconto di Emiliano Merlin, ricercatore all’Istituto Nazionale di Astrofisica, che ci racconta di come il convegno abbia mantenuto le promesse che ci si potevano aspettare dai curricula dei relatori, nessuno dei quali ha qualifiche nella scienza del clima.

Uno dei relatori era Franco Battaglia, docente all’università di Modena, ma che non fa più ricerca da un pezzo. Battaglia è un polemista brillante ma, a proposito di scienza del clima, beh, basti dire che è riuscito a inanellare 112 errori in 31 pagine in una sua pubblicazione sul tema.

C’era poi Uberto Crescenti, professore emerito di geologia. Il resoconto di Merlin concorda con la mia impressione: da quello che ho letto, la critica di Crescenti è molto superficiale, basata in gran parte su dati obsoleti e su interpretazioni parziali. Basti dire che al convegno non ha trovato di meglio che ritirar fuori la storia degli elefanti di Annibale per dimostrare che nel passato faceva più caldo di oggi (e meno male che non è venuta fuori anche la bufala del vino in Groenlandia!).

C’era pure Nicola Scafetta, docente all’università di Napoli. Qui, diciamo che siamo su un livello un po’ migliore. Perlomeno, Scafetta è un ricercatore attivo che pubblica i suoi risultati su riviste scientifiche. Il problema è che il suo approccio alla scienza del clima non si basa su dati fisici ma solo su inferenze statistiche. I suoi modelli, per ora, sono risultati fallimentari e non sono considerati validi dai climatologi.

Per finire, a Verona è intervenuto in remoto anche il prof. Antonino Zichichi, sul cui intervento lascio la parola a Emiliano Merlin (condensando un po’).

Zichichi passa lunghissimi minuti parlando del fatto che lui da tempo ha dimostrato matematicamente (sic) che viviamo nel “supermondo” (sic) che ha 43 dimensioni. Poi ammonisce più volte che gli scienziati devono essere umili, e contemporaneamente sottolinea che Zichichi (parla di sé in terza persona) aveva già capito tutto 40 anni fa; il pubblico, forse confuso dalla contraddizione, lo applaude entusiasta. Infine cita il clima ma unicamente per dire che: solo gli scienziati possono parlare di scienza, e per essere scienziati è necessario aver scoperto o inventato qualcosa… e quindi quelli che parlano di clima non hanno il diritto di farlo, perché “non sono scienziati e non usano le equazioni” (sic).

Certo, se questi qua pensano di demolire la scienza del clima in questo modo, vanno poco lontano. D’altra parte, è anche vero che quando uno si accorge di non avere più argomenti, può ricorrere ad altri metodi, incluso la violenza verbale. E così, al convegno di Verona, il povero Merlin è stato insultato (“gretino!”). Sul resoconto ufficiale del convegno è stato persino descritto come “disturbatore” solo perché cercava di esprimere un’opinione critica.

Insomma, come ho notato più di una volta, il dibattito tende a degenerare quando qualcuno si accorge che i risultati della scienza del clima non vanno d’accordo con le sue opinioni politiche. Non c’è molto da fare: possiamo solo ignorare quelli che cercano di confondere le acque e andare avanti. La battaglia contro il cambiamento climatico è difficile, ma non è ancora perduta.

Articolo Precedente

Tuscania, il maxi impianto fotovoltaico autorizzato dalla Regione. Ministero e dei Beni Culturali ricorre al Tar

next
Articolo Successivo

Dissesto, in Italia si interviene sempre dopo la catastrofe. E alla fine la natura passa all’incasso

next