Era il 2012 quando per la prima volta andai in Rai (a Linea Notte) a spiegare il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e le conseguenze di una sua approvazione.

Presentatore e ospiti erano visivamente spiazzati, perché l’argomento principale era l’insediamento – tra festeggiamenti e grande ottimismo – di Mario Monti. Io dissi chiaramente che Monti avrebbe fallito, e che noi avremmo pagato a caro prezzo le riforme volute dall’Europa. Così è stato.

Sebbene riuscii a sensibilizzare una discreta parte dell’opinione pubblica, una volta approvato dal Parlamento il Mes fu pian piano dimenticato. Destino diverso per il Fiscal Compact – approvato anch’esso nello stesso periodo –, evidentemente perché la sua comprensione era di gran lunga più intuitiva.

Oggi anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, si preoccupa della sua approvazione.

Cos’è il Mes? In breve è l’evoluzione della Troika, un’organizzazione internazionale dotata di ampi poteri sanciti nel suo trattato fondamentale (appunto quello che è stato approvato dal Parlamento). Il suo obiettivo principale è quello di prestare denaro ai Paesi in difficoltà, ma solo se gli viene concesso di sostituirsi al governo democraticamente eletto per imporre le proprie riforme. La conseguenza è piuttosto ovvia, la democrazia cessa di funzionare, i cittadini possono votare chi vogliono, ma l’agenda politica è quella del Mes. Leggere il trattato per credere (sulla lettura del trattato nel 2013 ebbi un simpatico battibecco con il giornalista Massimo Giannini nel 2013 a Ballarò). Loro le chiamano condizionalità, con ciò imitando il Fondo Monetario internazionale, di cui il Mes, in special modo con la riforma, vuole assumere in Europa gli stessi compiti che il Fondo svolge in altre parti del mondo, come in America Latina.

Per il paese che non realizza le riforme del Mes-Troika sono guai, perché il prestito viene erogato in tranche, solo se (a parte concessioni discrezionali) lo Stato in difficoltà realizza le riforme.

Grecia docet. I prestiti ad Atene sono stati concessi solo con l’applicazione di politiche di austerità estremamente pesanti. Per esempio, l’approvazione della legge di bilancio per il 2014 fu condizionata dal fatto che la Troika decise di rinviare il suo ritorno ad Atene, da cui dipendeva l’erogazione dell’ulteriore tranche di prestito, perché aveva dettato 135 riforme e ne erano state attuate soltanto 60.

Non se l’è passata meglio Cipro, con il prelievo forzoso sui conti correnti, che il Parlamento cipriota aveva per la prima volta respinto, salvo poi essere costretto ad accettare per le pressioni dei mercati e delle istituzioni internazionali.

La riforma vuole andare oltre tutto questo. Perché se attualmente il Mes è progettato per funzionare principalmente in caso di gravi crisi finanziarie, con la riforma finirebbe per governare in via precauzionale tutti i paesi dell’Eurozona creando un sistema di gestione del debito pubblico e delle crisi bancarie dal quale nessuno potrebbe scappare.

Uno dei punti fondamentali della riforma è infatti il rafforzamento delle linee di credito precauzionale (leggasi commissariamenti permanenti anche per i Paesi con solide basi) e della possibilità per il Mes di imporre concretamente le condizionalità.

A questo punto però vi starete chiedendo chi c’è dietro al Mes. Anche qui, basta leggere il trattato per rendersene conto. I soci del Mes sono sostanzialmente i paesi dell’Eurozona, il cui potere di influenza all’interno dell’organizzazione dipende dalle quote di partecipazione possedute, che sono tutte diverse. In testa Germania e Francia, cui seguono Italia e Spagna e via via gli altri. Chi ha più potere finanziario conta di più, e tra l’altro se un paese aderente ha difficoltà a versare la propria di partecipazione allora viene privato del diritto di voto. A confronto una banca privata è più democratica.

Non solo Germania e Francia, perché anche investitori privati possono partecipare ai piani di finanziamento degli Stati, e non si capisce bene sino a che punto possono partecipare alla redazione delle riforme.

Altri aspetti decisivi della riforma sono il contributo che il Mes per le risoluzioni europee delle crisi bancarie ed una maggiore collaborazione tra Commissione Europea e il Mes stesso. Tralasciando in questo momento l’accavallamento di ruoli, ricordiamoci che l’Ue e il Mes sono soggetti distinti, e quindi potrebbero crearsi conflitti di governance, che in realtà ci sono già stati e che hanno portato allo scontro titanico tra Germania e Bce. La riforma del Mes altro non è che il compromesso tra Ue e Germania, perché probabilmente i tedeschi hanno intenzione di tenere in piedi la baracca solo se gli altri paesi accettano le condizionalità.

Questa è l’Europa che si sta consolidando con la riforma del Mes. Una Europa squilibrata e antidemocratica, che in quanto tale, comunque, non avrebbe lunga vita.

Articolo Precedente

Bce, Lagarde: “Continueremo politica accomodante. Ma servono investimenti”. E cita San Francesco: “Fare l’impossibile”

next
Articolo Successivo

Migranti, Sassoli: “Riforma trattato di Dublino è il punto di partenza. E via il diritto di veto”

next